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da "Almanacco Illustrato del Milan" - Ed. Panini Modena, 2005
Presidente è Federico Sordillo, allenatore è sempre Nereo Rocco. Arrivano Bigon e Sogliano. Lascia Giovanni Trapattoni dopo 13 stagioni nella società in cui è cresciuto. Non è un periodo favorevole al Milan quello degli inizi anni 70. Il campionato lascia molti rimpianti: è un altro torneo dalle occasioni perdute. I rossoneri sono secondi, alla pari col Torino, ad un solo punto dalla Juventus vincente. Perde solo 4 partite (come i bianconeri) subisce solo 17 reti ma lascia sciaguratamente punti pesantissimi per strada.
Al proposito basta ricordare lo scivolone a S. Siro col derelitto Mantova per un gol di Panizza a 3 minuti dalla fine. A Cagliari, poi, un rigore contestatissimo nel finale di partita determina una sconfitta (2-1) decisiva per la squadra con aspre polemiche che portano alla lunga squalifica di Rivera. Buono il comportamento nella 1a edizione della Coppa Uefa. Elimina i ciprioti del DAM, i tedeschi dell'Herta di Berlino ovest, gli scozzesi del Dundee FC e i belgi del Lierse prima di cedere al londinesi del Tottenham in semifinale (1-2 e 1-1). Sul finire della stagione arriva in compenso la bella vittoria in Coppa Italia, dopo aver eliminato nel girone di semifinale, Juve, Torino e Inter, il Milan supera nella finale di Roma, per 2-0, il Napoli.


da E. Tosi – Forza Milan! – La storia del Milan ("Il decennio della Stella e il buio dei primi Anni Ottanta"), maggio 2005
Il 1971-72 vede il cambio al vertice della società: Federico Sordillo diventa il nuovo presidente del Milan. E' la stagione dell'addio di Giovanni Trapattoni, che dopo tredici anni di carriera in rossonero se ne va per chiudere la carriera calcistica nel Varese. A rinforzare la squadra arrivano Giuseppe Sabadini, Riccardo Sogliano e Albertino Bigon. E' un altro campionato delle occasioni perdute: come l'anno precedente il Milan è secondo, ad un punto dalla Juve. Sono decisive le due immeritate sconfitte maturate nei finali di partita contro il Mantova a San Siro (0-1) e a Cagliari (1-2, con un rigore contestatissimo che porterà ad una lunga squalifica di Rivera per alcune sue dichiarazioni "a caldo"). In estate arriva, almeno, la seconda Coppa Italia: all'Olimpico viene superato 2-0 il Napoli in finale. In campo internazionale, i rossoneri vengono eliminati dalla Coppa Uefa in semifinale.






Una formazione rossonera per la stagione 1971-72.
Da sinistra in piedi: Rivera, Bigon, Rosato, Belli, Schnellinger, Prati. Accosciati da sinistra: Benetti, Sabadini, Biasiolo, Anquilletti, Sogliano
(Archivio Magliarossonera.it)



dal sito www.wikipedia.org
1971-72: SECONDO POSTO, COPPA ITALIA E SEMIFINALE DI COPPA UEFA
Durante la stagione 1970-1971 il Milan cambia il suo presidente: a Franco Carraro, che inizia la sua carriera nelle massime organizzazioni calcistiche, subentra dapprima il suo vice Federico Sordillo, quindi il petroliere spezzino Albino Buticchi.
In tema di addii, si ritira dai campi di gioco Giovanni Trapattoni, mentre arrivano Tato Sabadini e Albertino Bigon a rinforzare la difesa e l'attacco. Il campionato, comunque, vedrà ancora il Milan - sempre guidato in panchina da Nereo Rocco - piazzarsi secondo ad un punto appena dalla Juventus, non senza violente polemiche per un rigore assegnato contro i rossoneri a Cagliari il 12 Marzo 1972 dall'arbitro Alberto Michelotti. Unica conseguenza delle dichiarazioni avvelenate di Gianni Rivera sarà però la squalifica del Capitano.
Gli altri tornei, comunque, vanno decisamente bene: in coppa UEFA, denominazione assunta a partire da questa stagione dalla vecchia Coppa delle Fiere, il Milan arriva in semifinale, persa contro il Tottenham (2-1 in Inghilterra e 1-1 a San Siro), dopo aver eliminato, tra le altre squadre, l'Herta di Berlino e gli scozzesi del Dundee. La vittoria arriva invece in Coppa Italia, per la seconda volta nella storia del Club, il 5 Luglio 1972 in una finale all'Olimpico di Roma contro il Napoli, vinta 2-0 con rete di Roberto Rosato e autorete del napoletano Dino Panzanato. Nel corso della manifestazione, tra l'altro, il Milan aveva eliminato sia l'Inter che la Juventus fresca Campione d'Italia.

AVVENIMENTI
Grazie al progetto di Giampiero Boniperti, che imbottì nel 1970 la rosa della Juventus di promettenti giovani (per citarne alcuni, Bettega, Causio e Cuccureddu), la Signora ritornò dopo cinque anni allo scudetto, un anno dopo la tragedia che l'aveva colpita con la morte dell'allenatore Armando Picchi: alla guida della squadra salì il boemo Cestmir Vycpalek, ex-allenatore della Primavera bianconera. Fu uno scudetto sudato e conquistato in volata.
Il campionato partì il 3 ottobre 1971, quando la Juve batté l'esordiente Catanzaro (prima squadra calabrese a raggiungere la Serie A). Il via fu una rincorsa tra le due squadre di Milano e le due di Torino, con la Roma ad assistere. Alla fine la spuntò la Juventus che, il 5 dicembre, raggiunse la vetta. Da questo momento alla fine del girone d'andata la capolista perse solo in extremis a Cagliari, il 9 gennaio, quando una papera del portiere Carmignani (che dopo l'errore si mise a piangere) premiò gli isolani a tempo scaduto. Al Milan, diretta inseguitrice, non riuscì l'aggancio e i bianconeri furono campioni d'inverno, due settimane dopo, con due punti di vantaggio sui rossoneri.
Il girone di ritorno iniziò male per i torinesi che persero Bettega, colpito dalla tubercolosi, e caddero subito a Catanzaro nella partita che segnò la prima vittoria in Serie A per la squadra calabrese; i bianconeri vennero raggiunti dal Milan e agganciati dal Cagliari di un Riva che sembrava aver ritrovato la forma migliore (i gol di "Rombo di tuono", alla fine del campionato, furono 21, uno in meno di quelli del capocannoniere Boninsegna); la settimana dopo fu però il Milan a cedere alla Fiorentina, e la corsa bianconera poté ricominciare. Ma si fece avanti un nuovo, inatteso avversario, la sorpresa Torino che il 9 aprile agganciò i bianconeri e la settimana dopo volò addirittura in testa, a quattro giornate dal termine, mentre la Juve venne raggiunta in classifica anche dal Cagliari. Decisiva fu la ventisettesima giornata, quando i granata persero a Milano e il Cagliari frenò contro il già retrocesso Varese: una tripletta di Causio stese i campioni uscenti dell'Inter e, anche se rischiò di compromettere tutto la penultima giornata, la Juventus il 28 maggio batté il Lanerossi laureandosi, per un punto, Campione d'Italia.
In zona Uefa la Fiorentina fu protagonista in negativo di una brusca frenata che gli fruttò solo quattro punti nelle ultime sei giornate, con il conseguente sorpasso subito ad opera dell'Inter. Per la fortuna dei toscani, comunque, il Milan si aggiudicò in estate la finale di Coppa Italia liberando un posto in Europa per i viola.
Al Catanzaro non riuscì il miracolo: all'ultimo turno non seppe approfittare delle sconfitte di Verona e Vicenza, e ritornò in B dopo appena un anno. La retrocessione colpì anche due lombarde: il Varese, schiacchiato sul fondo, e il neopromosso Mantova, che vide per l'ultima volta la Serie A. Bene l'Atalanta, neopromossa da decimo posto.




COSI' PARLO' RIVERA...
È il 12 marzo 1972, la lotta per lo scudetto è apertissima: la Juventus, che pure ha perso per una grave malattia il suo alfiere Bettega da qualche settimana, resiste in testa alla classifica, con due punti di vantaggio sulla coppia Milan-Torino. La giornata è cruciale: mentre la Juve gioca in casa col Bologna, sest'ultimo in classifica, i rossoneri sono impegnati sul campo del Cagliari, una grande dell'epoca, che li segue in classifica a un solo punto.
I locali vanno in vantaggio con Gori in avvio del primo tempo, il Milan pareggia con Bigon a inizio ripresa. A tre minuti dalla fine, quando la partita sembra ormai avviata a chiudersi sul pareggio, Riva prende palla in area e cerca di liberarsi di Anquilletti con una mezza rovesciata, non riuscendovi perché la sfera colpisce l'avversario al braccio sinistro, stretto vicino al fianco. Il "mani" appare chiaramente involontario, ma l'arbitro Michelotti, un principe del fischietto, concede il rigore.

Gigi Riva va sul dischetto e non perdona, il Milan perde e scivola a quattro punti dalla Juve, vittoriosa sul Bologna.
Il guaio è che c'è un fresco precedente: due giornate prima, nel big match di Torino con la Juventus, il Milan ha lamentato un colossale rigore a favore, non concesso da Lo Bello, che poi ha candidamente ammesso alla Domenica Sportiva, di fronte alla moviola (che muoveva allora i primi passi), il proprio errore.
Cosi nel dopo partita Gianni Rivera si presenta davanti ai microfoni e detta, con la sua aria cantilenante e la inconfondibile "erre'' moscia, una serie di anatemi da far rabbrividire: «Fino a quando a capo degli arbitri ci sarà il signor Campanati, per noi del Milan le cose andranno sempre in questo modo: saremo costantemente presi in giro. Questo non è più calcio.
A parte la nostra comprensibile e incontenibile amarezza, mi spiace per gli sportivi... credono che il calcio sia ancora una cosa seria. Quello che abbiamo subito oggi è una vera vergogna. Credevo che ci avessero fregato già a Torino contro la Juventus, invece ci presero in giro a metà con l'autocritica di Lo Bello in televisione. Purtroppo per il Milan avere certi arbitri è diventata ormai una tradizione. La logica è che dovevamo perdere il campionato. D'altronde, finche dura Campanati non c'è niente da fare: scudetti non ne vinciamo.
Io sono disposto ad andare davanti alla magistratura ordinaria, perché ciò che dico è vero: sino alla Corte Costituzionale.
Mi hanno rotto le palle. Ha cominciato anni fa un certo Sbardella; sono cose che tutti sanno: è dunque ora che si dicano. Per vincere lo scudetto dovremmo avere almeno nove punti di vantaggio nel girone di andata. In caso contrario davvero non ce lo lasciano vincere, e se lo avessimo saputo non avremmo giocato.
È il terzo campionato che ci fregano in questo modo. Sta scritto da qualche parte che il Milan non debba assolutamente raggiungere la Juventus. Fino a questo momento abbiamo trovato tre arbitri che hanno fatto tutto perché restasse sola in testa alla classifica.
Se ho raccontato delle storie mi dovrebbero squalificare a vita, ma devono dimostrare che sono state storie. Così non si può più andare avanti; io ho parlato chiaro, non mi sono inventato nulla, ho detto solo cosa si verifica in campo...
I casi sono due: o io mi sono inventato tutto e allora mi squalificano a vita, oppure riconoscono di avere sbagliato e bisogna cambiare, sostituire chi non è all'altezza del compito».
Invece c'è anche un terzo caso, quello più scontato: il 14 aprile 1972, la Commissione disciplinare presieduta dall'avvocato Fuhrmann condanna Rivera, in seguito alla denuncia della Lega del 14 marzo 1972, per le dichiarazioni rilasciate a caldo dal giocatore, nonostante nei giorni seguenti lo stesso Rivera abbia cercato di attenuare le proprie dichiarazioni, spiegando che non aveva inteso accusare Campanati o altri di disonestà, ma di aver parlato soltanto di incapacità, di non aver mai avuto l'idea di assurgere a ruolo di giudice né tanto meno di accusatore e di aver riferito soltanto alcuni fatti come, secondo lui, veramente accaduti.
Insomma, ha sostenuto di non aver mai mosso accuse agli arbitri di disonestà, corruzione o malafede, ma soltanto di aver accusato Campanati di incapacità a designare gli arbitri per le partite del Milan: che se la disonestà esiste lo deve provare la Federcalcio, non lui, perché non ne ha le prove.
Nelle dichiarazioni rilasciate alla commissione, come si ricava dalla sentenza, Rivera ha ribadito di avere detto ai giornalisti che il Milan subisce da tempi errori arbitrali, frutto della incapacità degli arbitri stessi oppure di chi li ha designati, escludendo però di avere parlato di disonestà e precisando che le dichiarazioni successive sono state rese quando si è accorto che le prime erano state male interpretate o distorte.
La squalifica al termine del giudizio è di quelle pesanti: Rivera viene appiedato a tutto il 30 giugno 1972. cioè fino al termine della stagione, perdendo così il finale di campionato e di Coppa Italia, del Milan e pure la Nazionale.




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Ragione sociale Milan Associazione Calcio S.p.A. (A.C.M.)



Federico Sordillo,
presidente rossonero
per la stagione 1971-72
Colori sociali Rosso e nero a strisce verticali
Data di fondazione 13 dicembre 1899
Sede Via Filippo Turati, 3 - MILANO
Centro Sportivo Milanello - Carbonolo di Carnago (VA)
AREA DIRETTIVA
Presidente Federico Sordillo
Vice-presidente Silvio Bonetti
Segretario Antonio Bellocchio
AREA TECNICA
Allenatore Nereo Rocco
Allenatore in Seconda Cesare Maldini
Allenatore Primavera Carlo Scarpato
AREA SANITARIA
Medici Sociali Giovanni Battista Monti, Pier Giovanni Scotti
Massaggiatore Carlo Tresoldi
SQUADRA
Capitano Gianni Rivera
Campo sportivo Stadio San Siro - MILANO
Giocatori di partite ufficiali Mario Angelo Anquilletti, Romeo Benetti II, Giorgio Biasiolo I, Albertino Bigon I, Fabio Cudicini, Lino Golin, Guido Magherini, Luigi Maldera I, Aldo Maldera III, Luciano Monticolo, Pierino Prati, Gianni Rivera (cap.), Roberto Rosato I, Giuseppe Sabadini, Pierpaolo Scarrone, Karl Heinz Schnellinger, Riccardo Sogliano, Carlo Tresoldi, Villiam Vecchi, Silvano Villa II, Vincenzo Zazzaro II, Giulio Zignoli
Palmares 2^ Coppa Italia
La Squadra "Berretti" vince il 1° titolo di Campione d'Italia
La Squadra "Allievi Nazionali" vince il Torneo "Carlin" di Torino
La Squadra "Allievi Nazionali" vince il Torneo Internazionale "Carlin's Boys" di Sanremo
La Squadra "Allievi Nazionali" vince il Torneo "Albertoni" di Cremona
Torneo "Androni" di Piacenza
Torneo di Lodi "Valentino Mazzola"
Torneo "Juniores di Croix" under 19