< LA STORIA ROSSONERA
 

Trotter (Piazza Doria)
- dal 1900 al 1903 -

[...] Dove si giocava? Al vecchio Trotter, in piazza Andrea Doria dove poi sorse la Stazione Centrale di Milano. A quell'epoca il Trotter era fuori porta; era un campo di gioco unicamente perché con alcune pennellate di calce erano state tracciate delle linee delimitanti il rettangolo: non c'erano spogliatoi, tribune o altre attrezzature. Tre pali per parte indicavano le porte, ma nessuna rete. Chi non arrivava in carrozza già in divisa sportiva (mutandoni che scendevano fin sotto le ginocchia, camicie, di taglia abbondante, un berretto da ciclista, calzettoni che facevano i polpacci gonfi come prosciutti) poteva abbigliarsi nello scantinato di casa Pirelli, in via Ponte Seveso, oppure in un angolo appena fuori dal recinto di gioco.

Le maglie sostituirono le camicie solo qualche anno dopo.
[...] Il pubblico che "seguiva la squadra" era formato da solenni signori in bombetta o "paglietta", pesanti abiti scuri anche d'estate, il bastone col pomo. Ma c'erano anche le tifose, con cappelloni e veletta, abiti lunghi fino al fango, stivaletti, trine, merletti, nastri, l'ombrello o l'ombrellino. Nessuno pagava una lira per l'ingresso perché di ingresso non c'era l'ombra, e poi tutto era sul piano del più puro dei dilettantismi e le spese se le suddividevano i soci. Per un Milan-Genoa si batté il record dell'affluenza: 500 persone, e quel giorno maledettamente la pioggia non risparmiò nessuno.
(dal volume: "Le grandi del calcio italiano: Milan", 1973)

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Una istantanea del campo Trotter
(dallo Speciale di "Terza Pagina" sui campi del Milan)




Acquabella (Corso Indipendenza)
- dal 1903 al 1905 -

[...] I giocatori rossoneri portavano a loro giustificazione le precarie condizioni del campo del Trotter. Era vero: il problema del campo assillava tutti. In più c'era che il piano regolatore di allora prevedeva la soppressione del Trotter per la realizzazione della nuova stazione ferroviaria. Piero Pirelli si dava da fare più di tutti, e trovò finalmente un terreno che faceva al caso all'Acquabella, dove attualmente si allarga piazzale Susa. Non c'erano molti lavori da eseguire: il terreno - secondo una descrizione di Ulisse Baruffini "era affondato tra un argine e un rilievo, discretamente ampio, bellamente erboso".

Il pubblico se la godeva un mondo stando su quella naturale tribunetta formata "dalla sopraelevazione di un paio di fianchi del campo". Il terreno era recintato mediante una corda legata a paletti solidamente infissi. Ancora non si pagava il biglietto di ingresso, ma c'era chi provvedeva a noleggiare sedie per quelli che volevano godersi comodamente quel gran correre e quel frenetico calciare. Di reti dietro le porte neppure l'idea [...]
Il nuovo campo venne inaugurato il 15 marzo 1903 con l'amichevole Milan-Genoa, terminata 0-0.
(dal volume: "Le grandi del calcio italiano: Milan", 1973)



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Articolo della "Gazzetta dello Sport" del 1903 sull'inaugurazione del nuovo campo del Milan all'Acquabella
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15 marzo 1903, Milan vs Genoa 2-2: inaugurazione del campo Acquabella
(dalla "Gazzetta dello Sport" e "La Stampa")


(da "Lo Sport Illustrato" del 1928, per gentile concessione di Lorenzo Mondelli)




Campo di Porta Monforte (poi Campo di Via Fratelli Bronzetti)
- dal 1906 al 1914 -

[...] dal campo dell'Acquabella a quello di via Fratelli Bronzetti che, sempre il Baruffini, così ha descritto: "Era un campo ampio, naturalmente racchiuso per una metà dalla roggia delle lavandaie e dal muro dell'abbandonato cimitero di Porta Vittoria, per l'altra da una staccionata protettrice; fornito di un portale d'accesso avente sul fianco persino... una biglietteria, adornato ben presto con una spaziosa e bella tribuna in legno, più tardi anche di una gradinata al lato dei posti popolari [...] Questo campo di via Bronzetti è nella storia non solo del Milan, ma di tutto il calcio italiano perché il 7 gennaio 1906, in occasione dell'incontro Milan-Unione Sportiva Milanese, per la prima volta in Italia vennero sistemate le reti alle porte."
(dal volume: "Le grandi del calcio italiano: Milan", 1973)

In questo campo il Milan ha giocato dal 7 gennaio 1906 e allora si chiamava "Campo Milan di Porta Monforte", con ingresso in via Sottocorno (la via inclinata, a nord del cimitero). Dal 1908-09 l'ingresso viene spostato in via F.lli Bronzetti (la via evidenziata in verde), e prende abitualmente questo nome.
Come si vede dalla cartina, la via F.lli Bronzetti, evidenziata in verde, parte da c.so Indipendenza (il vialone orizzontale a nord del cimitero), e prosegue verso sud. Il campo dovrebbe essere stato ubicato dove evidenziato in azzurro. Come detto in precedenza, vi si accedeva dapprima da via Sottocorno (la via inclinata), e dal 1908-09 da via F.lli Bronzetti.
(Stefano "Potsy" Pozzoni)



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Il Campo di Via Fratelli Bronzetti
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Campo Milan Porta Monforte,
ingresso Via Pasquale Sottocorno, stagione 1906-07
(Archivio Luigi La Rocca)


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Il Campo Milan di Via F.lli Bronzetti
in una foto scattata anni dopo la dismissione
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Il campo di Porta Monforte
(a cura di Stefano "Potsy" Pozzoni)



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17 marzo 1907, Milan vs Andrea Doria 5-0: Herbert Kilpin sul campo di via F.lli Bronzetti
(per gentile concessione di Luigi La Rocca)




Velodromo Sempione (Via Arona)
- dal 1914 al 1920 -

[...] Nel 1914 il Milan traslocò nuovamente di campo, abbandonando via Bronzetti per trasferirsi in via Arona sul Nuovo Campo Sportivo Milanese, che fungeva nel contempo da campo di calcio e velodromo: aveva due tribune coperte di legno sui rettifili e le due gradinate di curva in cemento. L'inaugurazione avvenne il 31 maggio 1914 con la partita amichevole Milan-Phoenix F.C. Di Karlsruhe, finita 3-3 [...]
(dal volume: "Le grandi del calcio italiano: Milan", 1973)



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Milano, Via Arona: Velodromo Sempione, demolito nel 1928
(per gentile concessione di Clino D'Eletto)




Campo Pirelli (zona Bicocca)
- da settembre a novembre 1919 -

[...] Nel 1919 si riprende. Non è più possibile usufruire del terreno di via Arona ed il Presidente offre l'uso del campo di gioco del Gruppo Sportivo Pirelli alla Bicocca, nel quale il Milan disputa il girone eliminatorio - vincendolo - del campionato 1919-20; per la fase finale è pronto un nuovo terreno che uno dei vice-presidenti, l'ing. Lavezzari, ha particolarmente curato [...]
(dal volume: "Buongiorno vecchio Milan", 1968)

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Cartolina che raffigura il campo sportivo Pirelli visto dalla terrazza del Castello della Bicocca
(dal sito www.atletiederoi.it)




Viale Lombardia
- dal 1920 al 1926 -

[...] Il nuovo campo di Viale Lombardia ha una grande tribuna, una spaziosa gradinata, una villetta che ospita la direzione e gli spogliatoi. Un campo che per quanto proiettato nel futuro (ospiterà le partite azzurre con la Svizzera, il Belgio, la Germania, la Spagna, l'Ungheria) risulterà presto insufficiente al dilagante "tifo" del dopoguerra, anticipando così la necessità di un nuovo grandioso Stadio (San Siro) [...]
(dal volume: "Buongiorno vecchio Milan", 1968)


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22 gennaio 1922, Milan vs Vicenza 7-0: immagini del Campo di Viale Lombardia coperto di neve
(da "Lo Sport Illustrato" del 29 gennaio 1922, per gentile concessione di Giacomo Erci)

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Il campo di Viale Lombardia, stagione 1920-21
(da "Lo Sport Illustrato", per gentile concessione di Renato Orsingher)




Arena Civica (Parco Sempione)
- Campo dell'Ambrosiana, il Milan ci gioca saltuariamente
(dal 1908 al 1912, nel 1914, dal 1941 al 1950 e dal 1955 al 1960) -

Il primo progetto dell'Arena napoleonica fu elaborato da Luigi Canonica nel lontano 1805, per dotare la città di un grande spazio per le feste, gli spettacoli e le celebrazioni. La costruzione dell'anfiteatro cominciò nel 1806 per terminare nel 1827, inserendo l'Arena del Foro Bonaparte tra le meraviglie neoclassiche della città, nel quadro di un profondo ridisegno architettonico e urbanistico di Milano.
Inaugurata il 18 agosto 1807, per oltre cent'anni l'Arena ha ospitato i più diversi e strabilianti spettacoli, e ogni tipo di "meraviglia" possibile. Nel 1870 il comune di Milano acquistò l'Arena, da questo momento "Civica".
All'Arena il calcio esordì, in un saggio ginnico scolastico, il 20 maggio del 1900, con un derby Mediolanum-Milan.

Una settimana dopo si svolse l'incontro tra rossoneri e Juventus di Torino (2 a 0 per il Milan). Il primo incontro di calcio di una rappresentativa nazionale italiana avvenne il 15 maggio 1910 (6 a 2 alla Francia).
(dal sito: www.fidal-lombardia.it)



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L'Arena Civica

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Cartolina dell'Arena di Milano
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Un'immagine dell'Arena di Milano
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Lastra di bronzo
"Stadio civico Milano"
(by Gabriele Castelli)

Dal sito www.storiedicalcio.altervista.org
E’ il più antico stadio d'Italia. Più antico del calcio, persino. Quando Napoleone diede incarico all'architetto Luigi Canonica di mettere mano al progetto di un'arena, aveva in mente - con la modestia che gli era abituale - di ricreare le atmosfere perdute degli anfiteatri romani. E l'Arena Civica di Milano, inaugurata nel 1805, tenne fede alle aspettative dell'Imperatore. Così, tra i marmi bianchi e i colonnati neoclassici trovarono degna ambientazione parate militari, corse di bighe e addirittura naumachie, vere e proprie battaglie navali, possibili grazie all'allagamento della cavea centrale. Dopo la Restaurazione, gli austriaci non disdegnarono il lascito napoleonico. Che nelle notti invernali si trasformava in un'enorme salone delle danze a cielo aperto in grado di ospitare favolose feste sul ghiaccio a ritmo di valzer. Solo agli albori del Novecento l'Arena diventa teatro di avvenimenti sportivi: il 30 maggio 1909 il primo giro ciclistico d'Italia approda proprio a Milano ed è l'Arena a incoronare il vincitore, Luigi Ganna. Un anno dopo, il 15 maggio 1910, scende in campo per la prima volta una rappresentativa Nazionale di calcio: la commissione tecnica della Federazione convoca 22 giocatori e sceglie i titolari nella maniera più semplice. Partitella a ranghi misti: chi vince gioca il match vero, che vede i "bianchi" (l'azzurro doveva ancora venire) opposti alla Francia. Partita senza storia: l'Italia vince 6-2 e i quattromila presenti applaudono l'eroe del giorno, il milanista Lana, autore di una tripletta. Costruito nel 1805, è il più antico impianto d'Italia e ha tenuto a battesimo la Nazionale. Ma prima delle giocate di Meazza ospitava corse di bighe e serate danzanti. E persino battaglie navali. Nel frattempo, a Milano il pallone comincia a rimbalzare in direzioni opposte: da una parte il Milan, dall'altra l'Internazionale, fondata nel 1908 proprio da un gruppo di milanisti dissidenti. I due club hanno i rispettivi campi e non utilizzano lo storico impianto napoleonico, giudicato fin troppo imponente per un gioco che all'epoca non richiamava ancora le grandi folle. Ma l'Inter, che ha il suo quartier generale prima in Ripa Ticinese e poi in via Goldoni, si trasferisce all'Arena per le partite più importanti. E anche quando, nel 1926, viene costruito il grande e moderno stadio di San Siro (capace di 35.000 posti), l'Ambrosiana, come venne ribattezzata durante il regime, continuerà ad alternare l'Arena al Campetto di via Goldoni, lasciando il colosso di fuori porta ai cugini rossoneri. Potere della superstizione, come no: quando, l'8 dicembre 1929, la Triestina batte a sorpresa i nerazzurri all'Arena, Meazza e compagni rifiutano anche il vecchio stadio di Napoleone. D'ora in avanti - dicono — giocheremo solo in via Goldoni. Peccato che sei mesi dopo, il 15 giugno 1930, durante una partita col Genoa il crollo improvviso della tribuna causi il ferimento di un centinaio di persone e renda indisponibile anche la vecchia tana nerazzurra. Resta da giocare l'ultima gara interna di un campionato che sta per consacrare proprio l'Inter campione d'Italia. Ma si può tornare all'Arena per un match tanto delicato? Meglio accettare l'invito dei cugini ed esordire sul terreno di San Siro. Scelta giusta: il 2-0 sulla Juve vale il terzo scudetto. Debitamente ristrutturata, l'Arena torna di moda nel 1933. Il 6 ottobre l'Ambrosiana prende in gestione l'impianto, impegnandosi a versare al comune di Milano il 5% dell'incasso di ogni partita più cento lire al giorno «quale contributo per le spese di riscaldamento delle docce e degli spogliatoi». L'Inter - messe da parte le superstizioni - ritrova il suo covo, dove rimarrà per tredici anni, fino al 1947, vincendo altri due scudetti e una Coppa Italia. Poi, inevitabile, il nuovo trasloco a San Siro. Da allora l'Arena ha vissuto rari giorni di gloria: ha riassaporato l'atmosfera del grande calcio nel 1986, quando proprio in quel contesto hi presentato (con tanto di elicotteri ed effetti speciali) il primo Milan di Berlusconi. Intitolata al grande Gianni Brera nel 2002, attualmente è sede delle gare interne dell'Amatori Milano, storico club rugbistico cittadino.





Stadio di San Siro
- dal 1926 -

(ceduto al Comune di Milano nell'aprile 1935 e dedicato a Giuseppe Meazza il 2 marzo 1980)

Nei ricordi dello scrittore Carlo Castellaneta
Anche se è stato ribattezzato in memoria di Giuseppe Meazza, fuoriclasse milanese, per la tifoseria italiana San Siro è rimasto legato al nome del quartiere dove lo stadio nacque, nel lontano 1926, quando conteneva quarantamila spettatori. E adesso che la sua capacità è raddoppiata (con orgoglio meneghino lo chiamano "stadio dei centomila", ma non è vero) quel gigantesco catino di cemento non basta egualmente, così come al campanilismo dei napoletani forse non basterà il San Paolo. Curiosa nemesi, vien da notare, questa dei Santi chiamati a benedire coi loro nomi dei luoghi di violenze e di eccessi! Ma tant'è, San Siro è ormai un'istituzione, venerata come il Duomo o il Castello, da folle sempre maggiori.


Non so se gli abitanti della zona abbiano per il Santuario del Pallone lo stesso rapporto di venerazione, specie di domenica quando ogni strada e ogni spiazzo si ricopre di automobili e il rione si trasforma in un enorme parcheggio. So che mi colpisce sempre lo spettacolo dei tifosi milanisti e interisti che, fin dal mattino, si dirigono in carovane sbandieranti verso l'appuntamento con la partita. E non finisce di stupirmi (quando anch'io ci metto piede) la visione esterna del colosso formicolante di gente lungo le rampe di accesso. Anzi l'effetto ottico fa sì che gli spettatori anziché muoversi con le proprie gambe, sembrino trasportati da un tapis- roulant.
Quando ci venivo da ragazzo il panorama delle gradinate era, al confronto di oggi, idillico. Se qualcuno si alzava in piede veniva subito messo a sedere, anziché costringere l'intero stadio ad alzarsi.


Ricordo che una pubblicità ricorrente, trasmessa all'altoparlante da una voce maschia, celebrava le virtù della magnesia. "Oh come è effervescente la magnesia di San Pellegrino, alla sera e al mattino tu ne devi prender con un cucchiaino!". E noi ragazzi la cantavamo in coro, sebbene non abbia mai capito quale relazione ci fosse tra stitichezza e gioco del calcio...
Però non c'erano tamburi, trombe, fischietti e campanacci. E nessuno avrebbe osato lanciare qualcosa in campo, se non i cuscini presi a noleggio, alla fine di un match (si diceva così) magari deludente. Oggi invece, ancora prima che i giocatori sbuchino dal sottopassaggio il magico tappeto verde è insozzato da esplosioni di coriandoli, da valanghe di stelle filanti, da mortaretti fumanti, di dispregio del più elementare buon gusto.


L'annuncio delle formazioni veniva ascoltato in religioso silenzio. Ora è impossibile distinguere i nomi dei giocatori fra il baccano che segue a ogni parola dello speaker. Del resto come poteva restare immune lo stadio dal degrado che la città ha sofferto in questi anni, dal suo retrocedere verso il peggio? E che dire della farsa vergognosa intorno al prato, dopo la conclusione dei mondiali?
Un tempo si entrava allo stadio alla spicciolata. Adesso dai pullman scendono interi battaglioni diretti al fronte, che si ammassano in opposti schieramenti. La prima volta che lessi sopra uno striscione gigante "Brigate Rossonere", le Brigate Rosse erano ancora operanti, e tuttavia nessuno pareva disgustato da una simile citazione. Né la forza pubblica è mai intervenuta a sequestrare altre minacciose scritte innalzate dai tifosi sulle gradinate.
Invece sarebbe bello che fosse proprio San Siro a dare l'esempio di una diversa civiltà sportiva, magari durante uno di quei derby arroventati dalla passione, quando lo stadio offre una rappresentazione di forza, e perché no? Anche di bellezza, che esalta il nostro spirito municipale. Sarebbe bello per tutti, anche per chi non va allo stadio, poter udire il boato che accompagna i goal non più come un'oscura minaccia, ma come un segno di cavalleresco agonismo.
(dal volume: "Milanesi si diventa". Arnoldo Mondadori Editore, 1991)





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(da "Milan, il club più titolato al mondo", di C. Ruiu)
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I campi del Milan nella storia
(di Enrico Tosi)