
(Archivio Magliarossonera.it)
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Giuseppe FARINA |
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Nato il 25.07.1933 a Sorio di Gambellara (VI), † il 22.04.2025 a .....
Presidente
Stagioni al Milan: 5, dal 18 gennaio 1982 al 12 gennaio 1986
Palmares rossonero: 1 Mitropa Cup (1981-82)
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Giuseppe Farina, 1978-79 (da "L'Unità") |

(dal "Corriere dello Sport" del 29 luglio 1981) |

Giuseppe Farina, nuovo presidente del Milan 1981-82 |

Giuseppe Farina, 1981-82
(da "L'Unità") |
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Giuseppe Farina con Di Bartolomei |

Farina in Curva, Milan vs Avellino 2-1, stagione 1981-82 |
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25 aprile 1982, Milan vs Avellino 2-1: Giuseppe Farina in Curva
(per gentile concessione di Andrea Erby De Gregorio) |

Estate 1982, agli albori dell'annata della seconda risalita dal purgatorio. Con il bravo Castagner in panchina |

Farina con Paolo Rossi |

Farina con Paolo Rossi |

Farina con Gianni Rivera |

Farina con Gianni Rivera |

Farina con Gianni Rivera |

Farina con Gianni Rivera |

Striscione del gruppo "Siamo Belli Come il Sole", stagione 1985-86
(per gentile concessione di Renato Orsingher) |
Dal sito www.storiedicalcio.altervista.org
GIUSSY FARINA E L'ANONIMO VICENTINO
Maggio 1978: sul tavolo del mercato calcistico si gioca la roulette delle buste per la comproprietà del fenomeno emergente Paolo Rossi. Farina crede di avere le carte giuste da giocare.''Due miliardi e sei. Sulla busta devi scrivere: due miliardi e sei''. Dicono che l'Anonimo fece la soffiata la notte prima, telefonò dopo cena, chiese di Farina, gli bastarono due minuti per convincerlo. «Giussy, fidati, la Juve mette due miliardi e mezzo. Tu metti due e sei e Paolo è tuo». Giussy Farina non dormì, ci pensò, si fidò. E la mattina dopo sulla busta in ceralacca della Lega con mano ferma scrisse: 2 miliardi, 612 milioni e 510 mila lire, e scrisse 612milioni e 510mila come se i dettagli sviassero l'attenzione, come se fosse un modo per autoassolversi. Solo dopo - quando aprirono la busta della Juve - Farina ebbe un sospetto, forse pensò «mi hanno fregato», forse no, forse invece fu solo contento di avercela fatta, quando tutti lo davano per sconfitto e lo scherzavano, lui, il «presidente contadino», che aveva osato sfidare la Juventus. Aprirono la busta della Juve, e ci fu una sola verità: 875 milioni, aveva scritto Boniperti. La Juve aveva giocato a perdere, il Vicenza era stato condannato a vincere. Era l'estate del 1978 quando il destino del più forte calciatore dell'epoca, il 22enne Paolo Rossi da Prato, venne deciso in busta chiusa. La busta conteneva un segreto e una bugia. L'Anonimo era il custode di entrambi...«Mi vergogno, ma non potevo farne a meno: per vent'anni il Vicenza ha vissuto degli avanzi. E poi lo sport è come l'arte, e Paolo è la Gioconda del nostro calcio...»
Di lui dissero: è un amico di Farina. Di lui sparlarono: è un uomo-Juve mandato a «sabotare» Farina. Ma l'Anonimo sparì, e la leggenda continuò. L'Italia insorse. Il presidente della Lega Franco Carraro si dimise. Scandaloso, immorale. Parlavano di Farina. E della sua clamorosa offerta. Mai un calciatore fino ad allora era stato pagato tanto. Tre anni prima - estate del 1975 - il Napoli aveva acquistato Beppe Savoldi per due miliardi. Sembrava una soglia invalicabile, era l'inizio di una corsa senza più traguardi. Il Vicenza aveva pagato la metà di Paolo Rossi 2.612.510 lire. Traduzione simultanea: Paolo Rossi valeva 5.225.020 lire. L'Avvocato Gianni Agnelli elogiò Boniperti: «Mi ero raccomandato di procedere a una valutazione tecnica e non di mercato», la verità stava un po' più in là: seconda metà degli anni '70, è tempo di cassa integrazione, la Juve non può - moralmente - offrire la luna mentre la Fiat licenzia gli operai. La Gioconda aveva un sorriso dolce ed enigmatico, era gracile, aveva tre menischi rotti, faceva gol essenziali, 24 al primo anno di A, gol di rapina, facili solo per chi di calcio non ne capisce, non tirava, pungeva, era l'uomo giusto al posto giusto, piaceva a tutti, solo un paio di settimane e al Mondiale '78 sarebbe diventato «Pablito», perché la sua non fu mai solo una vita, ma un romanzo che lo vedrà nascere, morire e risorgere una volta di più. Era cresciuto nelle giovanili della Juve, ma quelli non avevano creduto in lui. L'avevano parcheggiato in provincia, in comproprietà. Prima al Como, poi - nel 1976 - in B al Lanerossi Vicenza di Giussy Farina, che aveva pagato 95 milioni per la metà. Quella squadra, la prima con la sponsorizzazione camuffata, verrà ricordata come il Real Vicenza: subito la promozione in A, poi lo storico 2° posto alle spalle della Juve. Di quel Vicenza Paolo Rossi è la stella. La Juve ci ripensa, lo rivuole. Farina e Boniperti non si accordano sulla comproprietà....Si andrà alle buste. Farina la mette giù pesante: «Noi combatteremo con i moschetti, loro con i bazooka». Da una parte, la Juve. La Vecchia Signora, la Grande Città, Torino, gli Agnelli, la Fiat, il Potere. Dall'altra, il Vicenza. La Provincia, la Periferia dell'Impero, il Nuovo che avanza. Quanto vale Paolo Rossi? Giussy Farina non ha certezze. Una settimana prima di andare alle buste il presidente entra nello spogliatoio del Vicenza, i giocatori stanno seduti sulle panche, Farina distribuisce fogli e penne, poi chiede: e voi al posto mio che cifra mettereste sulla busta? Si va allo scrutinio, la media è di un miliardo. Gibì Fabbri azzarda: presidente, scriva uno e quattro. La settimana dopo, 19 maggio 1978, si aprono le buste: Paolo Rossi resta al Lanerossi Vicenza per 2 miliardi, 612 milioni e 510 mila lire. E come quando tutto sembra troppo bello per essere vero, arriva l'epilogo amaro. Il Vicenza riparte per la stagione 1978/79 stanco e indebolito dalla partenza di perdine importanti (uno su tutti: Filippi). Esce subito dalla Coppa Uefa per mano del Dukla Praga, con Pablito gambizzato da un difensore ceko di nome Macela. E' solo l'antipasto per un campionato giocato sempre sull'altalena. Falsa partenza, ripresa e incredibile filotto di sconfitte nel finale che condanna Farina e Rossi alla Serie B. Così fu....Giussy comprerà di nuovo il suo pupillo nel 1985, e lo porterà al Milan: Paolo ha 29 anni e molte vite alle spalle, due anni persi per squalifica dopo il calcio scommesse, il Mundial spagnolo da eroe, dopo la pizza e il mandolino c'è lui, Paolorossi, tutto attaccato, un marchio più che un nome, dal Congo al Circolo Polare Artico Paolorossi uguale Italia.
Col Milan firma un biennale da 700 milioni l'anno, gli danno il 10 che fu di Rivera, parte bene, finisce male, il ginocchio non regge, dopo un anno va a Verona, poi chiude, a 31 anni ancora da compiere. Nel febbraio del 1986 Giussy Farina viene raggiunto da un mandato di cattura per falso in bilancio, lascia il Milan con 13 miliardi di debiti, lascia l'Italia, emigra, va in Africa, poi in Spagna, dove vive oggi, baffo più grigio, stesso lampo nello sguardo, magari ripensando all'Anonimo... |

Giuseppe Farina ai tempi del L.R. Vicenza con Renato Faloppa (cresciuto nel Milan) e Paolo Rossi |

Giuseppe Farina, 2010 |

Giuseppe Farina 1984-85 (disegno di Franco Bruna) |
Dal sito www.junkiepop.com
31 gennaio 2011
CHI VA AL MULINO, S'INFARINA
Sottotitolo: sembra calcio ma non è, serve a toglierti l'allegria
Tanti anni fa - trenta, più o meno - il Milan attraversava un periodo abbastanza difficile.
Le sanzioni sportive derivanti dal coinvolgimento di alcuni dirigenti e giocatori rossoneri nelle scommesse clandestine ne avevano causato la retrocessione in serie B, la prima della sua storia.
Riguadagnata la massima categoria, il campo costringeva il Milan alla seconda retrocessione, al termine di una stagione fallimentare. Il presidente e proprietario era un tale Giuseppe Farina, detto Giussy.
Giussy Farina è stato uno dei più grossi intrallazzini del calcio italiano. Ma c'è sempre un pesce più grande.
Solo per inquadrare bene il personaggio Farina
Le squadre di calcio possono comprare i calciatori "a mezzi".
Si dividono le spese, si decide in quale squadra delle due giocherà il calciatore in questione, si fissa un termine entro il quale - ad una cifra stabilita o meno - le squadre possono acquisire interamente le prestazioni sportive dell'atleta.
Se questa cifra non è stabilita, si ricorre ad offerte in busta chiusa: chi più offre, tiene il giocatore.
Unica regola: l'offerta non può essere zero.
Può capitare, per molti motivi, che nessuna delle squadre sia particolarmente interessata al giocatore e ci sia quindi possibilità di volerlo mollare all'altra società.
Se le società sono d'accordo, possono non consegnare la busta con l'offerta e il giocatore resterà nella squadra in cui ha giocato fino a quel momento.
Paride Tumburus aveva vinto uno scudetto con il Bologna, era di proprietà del Vicenza (a quel tempo proprietà di Farina) ma era stato ceduto in comproprietà al Rovereto.
Fine carriera di uno stopper che aveva vestito anche la maglia della nazionale.
Vicenza e Rovereto arrivarono alle buste per decidere le sorti sportive di Tumburus.
Giussy Farina offrì 175 lire, superando l'offerta del povero Rovereto.
E' l'estate del 1971 e una copia della Gazzetta dello Sport costa 50 lire.
Da quel giorno, l'offerta minima in busta per risolvere la comproprietà di un giocatore diventò 100 mila lire.
Farina era un presidente navigato, aveva debiti ma era abitutato a conviverci e soprattutto ad uscirne fuori.
Ottobre del 1985 e Farina è presidente del Milan.
Dopo una perquisizione contabile nella sede del Milan, ordinata a sopresa dalla Federcalcio, Farina sembra costretto a vendere il Milan, anche se non ci sono particolari irregolarità finanziarie, e i debiti sono inferiori a quelli di quasi tutte le società calcistiche italiane.
Il furbastro cerca quindi qualcuno che rilevi la società, pagandone il valore di mercato più 8 miliardi, un debito che ha contratto nei confronti di Gianni Nardi, altro azionista di maggioranza del Milan.
In quegli anni, sulla maglietta del Milan c'era stampata la scritta "Retequattro" e, nelle partite di coppa italia, primo caso di doppia sponsorizzazione, "Oscar Mondadori".
Indovinate chi comprerà il Milan?
L'industriale Silvio Berlusconi si presenta così al mondo calcistico italiano
E' tifoso del Milan, interessato, convinto che il calcio possa essere un ottimo traino per le sue attività commerciali.
Fa valutare la società, Farina chiede una cifra, Berlusconi dice che è alta, troppo alta.
Ma la verità è diversa: il Milan ha debiti - una decina di miliardi - e se qualcuno non li paga in breve tempo, fallisce e finisce il mano ad un giudice del tribunale fallimentare. Certo Farina non ha intenzione di ripianare il debito e Nardi, l'altro investitore più importante e già creditore di 8 miliardi, non ha intenzione di perdere altro denaro.
Silvio Berlusconi, che ha fiducia nel sistema giudiziario, in quei giorni si lascia scappare una frase: "E' più facile comprare una società da un giudice che da un privato".
Così qualcuno lo accusa di traccheggiare per far appositamente fallire il Milan e prenderlo a cifre considerevolmente più basse.
Gianni Rivera, che dal 1979 anni è il vicepresidente dei rossoneri, non simpatizza per Berlusconi e crede di aver compreso il gioco dell'impreditore brianzolo. Convince quindi un amico petroliere, Dino Armani, a firmare una fidejussione per coprire il debito che salverà il Milan dal fallimento e lo invita ad intavolare una trattativa con Farina.
Armani non è uno che si perde in chiacchiere: va da Farina, gli chiede di dirgli una cifra per acquistare subito il Milan. Farina prende tempo, sembra quasi non voler provare a giocare al rialzo con un due acquirenti interessati.
Stavolta è Armani a lasciarsi scappare una frase: "Ho chiesto diverse volte a Farina di dirmi quanto voleva ma non mi ha mai risposto. Il Milan è destinato alla Fininvest".
Farina è un personaggio navigato, perchè non sfruttare l'occasione di alzare il prezzo, anche solo per qualche centinaio di milioni?
Vi faccio i conti
- Farina vuole almeno 30 miliardi di lire, ai quali vanno aggiunti gli 8 che deve a Nardi. Il totale fa 38 miliardi di lire
- Il Milan ha 10 miliardi di lire di debiti gestionali, stipendi dei giocatori e irpef, riguardanti gli ultimi quattro mesi. E siamo a 48 miliardi di lire per un eventuale acquirente.
- La rosa del Milan vale tantissimo: sono tesserati Maldini, Baresi, Costacurta, Evani, Tassotti, Di Bartolomei, Virdis, Paolo Rossi. Sono nei 30 miliardi che chiede Farina.
- Della vendita fa parte il centro di Milanello, che ha un valore immobiliare di 4 miliardi di lire.
- Berlusconi ne offre 15, senza pagare il debito di Farina nei confronti di Nardi e senza pagare i debiti gestionali.
Maldini, Baresi, Costacurta, Evani, Tassotti, Di Bartolomei, Virdis, Paolo Rossi, Stroppa, Hateley , Filippo Galli, Liedholm e tutti gli altri giocatori, il marchio, Milanello, valgono 15 miliardi di lire?
Per farvi capire meglio, la Sampdoria offrì a Farina, come possibilità di salvezza, 15 miliardi per Baresi, e Boniperti, a nome delle Juventus, 9 miliardi per Hateley.
Chi accetterebbe un'offerta del genere con la possibilità di avere un altro acquirente?
Berlusconi monta così una sceneggiata, con protagonisti il fratello, il fedele Fedele Confalonieri, Adriano Galliani, la zia, la nonna., per dimostrare che offre poco ma è una faccenda di cuore.
Rivera prova a spronare Farina a non svendere, a ribellarsi a chi gli sta sfilando il Milan.
Tutti i finanziatori del Milan, gli azionisti di minoranza, decidono di fare un sacrificio e provano a ricapitalizzare per 10 miliardi la società, sostanzialmente pagherebbero i debiti gestionali, evitando il fallimento e dando tempo a Farina di vendere ad una cifra corretta.
Farina chiede quindi l'autorizzazione al Ministero del Tesoro, le Finanze di allora, per la ricapitalizzazione.
Due giorni dopo la richiesta si accorda addirittura con Dino Armani per 25 miliardi di lire più il pagamento degli 8 miliardi di debito con Nardi.
33 miliardi contro i 15 di Berlusconi.
La stessa sera, il presidente della Federcalcio Sordillo annuncia di aver presentato due esposti, uno civile e uno penale, nei confronti di Giussy Farina. In sostanza, l'anticamera del fallimento.
Ma come, Farina ce l'aveva fatta, lui era uno scaltro, furbo, in grado di sopravvivere in caso di tempesta, e invece gli mettono i bastoni tra le ruote proprio in dirittura d'arrivo?
Il Milan deve andare a Berlusconi per quattro soldi, ogni altra soluzione verrà boicottata da un sistema nascosto e potente, troppo anche per Farina.
Berlusconi qualche giorno più tardi sarà ospite di Enzo Biagi e riproporrà la sceneggiata sentimentale, dicendo qualcosa molto attuale: "E' un affare di cuore, da qualche miliardo, ma d'altronde anche le belle donne costano molto".
Berlusconi comprerà il Milan nei primi mesi del 1986, cercando di apparire come salvatore di una barca che non stava affondando, sia in senso assoluto sia relativamente alla situazione di altre società calcistiche italiane di quegli anni.
Farina è stato in carcere per quei debiti gestionali, attribuibili ad un falso in bilancio che avevano almeno altre tre società di serie A, mai punite.
Poi qualcuno ha fatto depenalizzare questo reato.
Quell'anno, nel 1986, sarebbe scaduto l'accordo di vendita dei diritti televisivi della Lega Calcio alla Rai, un affare di proporzioni mostruose.
La regolamentazione della vendita alla televisione di stato prevedeva che anche un solo 'no' di una squadra avrebbe bloccato la trattativa, aprendo scenari mai visti.
Chi mai utilizzò il no, secondo voi?
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(dal "Giornale di Vicenza" dall'8 ottobre 2021, grazie a Luigi La Rocca) |

(by Luigi La Rocca) |
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Dal sito www.gazzetta.it
22 aprile 2025
MORTO A 91 ANNI GIUSSI FARINA, L'ULTIMO PRESIDENTE DEL MILAN PRIMA DI BERLUSCONI
È stato numero uno rossonero dal 1982 al 1986. Ha tenuto le redini anche di Padova e Vicenza, dove acquistò Paolo Rossi
Se n'è andato Giuseppe Farina, ex presidente del Milan, meglio noto come Giussi. Il dirigente rossonero ha tenuto le redini del club dal 1982 al 1986, prima di consegnarlo nelle mani di Silvio Berlusconi. Nato a Gambellara, in provincia di Vicenza, nel 1933, avrebbe compiuto 92 anni a luglio. Nel corso della sua carriera da imprenditore ha guidato - oltre i rossoneri - anche Padova e Vicenza, dove ottenne uno storico secondo posto in Serie A durante l'annata 1977-78. Il miglior marcatore fu Paolo Rossi, futuro campione del Mondo nel 1982: segnò 24 gol. Soprannominato Giussi, in carriera ha tenuto le redini di 12 squadre: Milan, Padova, Vicenza, Audace, Valdagno, Legnago, Schio, Rovigo, Belluno, Rovereto, Modena e Palù.
GLI ANNI COL MILAN — Farina rilevò il Milan il 19 gennaio 1982, subentrando a Gaetano Morazzoni. Erano i tempi di Gigi Radice in panchina e diverse difficoltà. Qualche giorno dopo essersi insediato, infatti, Farina sostituì Radice con Italo Galbiati. Ma i rossoneri chiusero al 14° posto, retrocedendo in Serie B per la seconda volta. Nel 1982-83 arrivò Ilario Castagner, il quale riportò subito il Milan nel massimo campionato. La stagione successiva, però, fu tutt'altro che positiva. Castagner fu esonerato, poi nell'annata 1984-85 tornò Liedhom. Farina si dimise da presidente nel 1986, a seguito di una situazione finanziaria compromessa. Al suo posto venne eletto Rosario Lo Verde, che rimase alla guida della società come reggente. Il 20 febbraio 1986 il presidente di Fininvest Silvio Berlusconi acquistò la squadra, ripianando il debito di diversi miliardi di lire e salvando il club dal fallimento.
È stato il presidente del Milan all'inizio degli anni Ottanta, avventura intrapresa con coraggio ed entusiasmo. Con profondo senso di rispetto e di partecipazione al lutto, tutto il Club ricorda la figura di Giuseppe Farina e si unisce alla commozione di tutti i suoi famigliari.
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Dal sito www.ilgiornale.it
23 aprile 2025
UNA VITA COME UN ROMANZO: ADDIO A GIUSSY FARINA
Giuseppe Antonio Farina, detto Giussy, ex presidente del Milan e figura romanzesca del calcio italiano, è morto a 91 anni. Tra successi, donne, scandali e sogni infranti, visse mille vite in una
Avrebbe potuto scrivere il più bel romanzo di calcio e di vita. Giuseppe Antonio, detto Giussano e quindi Giussy, ha chiuso ieri il suo libro mai pubblicato. Aveva novantuno anni, la vecchiaia lo aveva asciugato nel fisico che era stato invece possente, l’Amedeo Nazzari del football italiano, l’uomo che ebbe tre mogli, sette figli, dodici squadre. Era nato a Sorio di Gambellara, suo padre, vicepresidente di Confragricoltura, aveva acquistato un podere a Bosco frazione di Zevio, la Bassa Veronese. Qui, nella comunità Betania, una onlus tenuta da frati francescani, Giussy ha concluso la sua esistenza dopo che la proprietà ereditata era stata venduta da lui stesso, dunque per contrappasso è stato costretto a pagare la retta. La sua avventura nel calcio ebbe inizio da terzino sinistro nella squadra della parrocchia di San Giorgio in Braida, raccontava, nel suo romanzo orale, sbirciandoti e sapendo di prenderti per il bavero, di avere segnato cinque gol su punizione a quelli dell’Audace che, per la cronaca, sarebbe stata una delle società di cui diventò presidente padrone, elenco a caso, Palù, Modena, Rovereto, Vicenza, Rovigo, Belluno, Schio, Valdagno, Legnago, Padova e, per tutte e su tutte, Milan.
Gli piaceva il football ma soprattutto lo acchiappavano le donne, andava a caccia di anatre e germani reali ma l’attrazione femminile era vincente e Giussy non si fece mancare nulla. Era la sua, una vita dolce mai scaduta nella dolce vita, sposò in prime nozze Carla Rizzardi, contessa generosa che gli regalò sei figli, Francesco, Emanuela, Michele, Ida, Giulia e Paola. Quindi arrivò il matrimonio con l’avvocato Luciana Gaspari che gli consegnò venticinquemila metri quadrati della tenuta sulle Torricelle, le colline magiche di Verona, la Casa dei Sogni, un museo del giocattolo, la collezione di bambole, cavalli a dondolo, marionette. Per Giussy fu come tornare Giussano. Ma c’era altro, c’era Palù dove un giorno mi convocò nella tenuta di caccia “Andémo per anatre!”, l’invito rimase tale, rifiutai il fucile, passammo la giornata a raccogliere uova delle galline, erano un esercito, verdura di campo per finire a tavola con una profumata minestra di riso e mille ciacole sul calcio, soprattutto la trappola di Boniperti. Riassumo: Paolo Rossi, già promessa delle giovanili bianconere, era passato in prestito a Vicenza, nel Lanerossi si era mostrato al mondo segnando gol a qualunque squadra, era l’estate del ‘78 e si doveva decidere chi sarebbe stato l’effettivo titolare delle prestazione del campione. Si andò alle buste, nel senso che Vicenza e Juventus, Farina e Boniperti, avrebbero fare l’offerta d’asta. Un suo assistente, Dario Maraschin, gli disse che il club di Agnelli avrebbe scritto sicuramente due miliardi e mezzo, dunque, meglio andare sul sicuro, due miliardi, seicento dodici milioni e cinquecentodiecimila lire. Boniperti scrisse 875 milioni, la beffa e lo scandalo portarono alle dimissioni di Franco Carraro dalla presidenza della federcalcio. Farina spiegò: "Il calcio è arte, Paolo Rossi é la Gioconda, lo teniamo con noi”. Giocondo o Gioconda, la storia fu questa con risvolti fantasiosi, tipo che Agnelli gli versò un miliardo in nero per riavere Rossi, una delle cento e cento pagine del famoso romanzo.
Sfogliando il diario e i ritagli di giornale, arrivò un’altra figlia, Marisol, dalla relazione con Gabriella Casini, si registrò storia di passione veloce con Dunja Adcock, fascinosa australiana ma di anni 37 contro i 71 del nostro, prima di approdare alla Casa dei Sogni, di cui sopra, che si trasformò in realtà vivente con l’acquisto del Milan, inguaiato di bilanci. Farina rilevò il club da Felice Colombo che restò coinvolto e finì in carcere per le scommesse sulle partite del campionato, il Milan, retrocesso, aveva bisogno di tornare a vivere la serie A, Giussy viveva fantasticando, senza badare alle spese e ai conti; un giorno, dopo un derby, passò dalla sede sociale e ritirò una grande parte dell’incasso, lasciando sulla scrivania un foglietto a quadretti con il seguente messaggio: “Prelevo milioni 250” seguiva la firma. Era candido, il romanziere veneto, sapeva di football, aveva il fiuto del cacciatore, Maldini e Baresi erano i suoi germani reali, respinse l’ennesima proposta agnelliana,arrivarono papere come Blissett ma anche cacciagione verace con Ray Wilkins e Mark Hateley, il Milan scivolò di nuovo in B, Peppino Prisco, avvocato illustre e vicepresidente dell’Inter, rifilò una feroce sentenza:”I rossoneri sono stati retrocessi due volte, la prima pagando (scommesse), la seconda gratis”. Fu la fine dei sogni, il Milan diventò teatro di vari attori, Morazzoni, Lo Verde, infine Gianni Nardi, imprenditore veneto, grande tifoso e dirigente milanista, lui coprì i debiti stratosferici, prima che i libri contabili venissero depositati in tribunale per il fallimento, prese il club, con il consenso del presidente federale Federico Sordillo, e lo consegnò a Silvio Berlusconi.
Da quel tempo in poi Giussy partì per destinazioni varie, conobbe anche il carcere per falso in bilancio, quindi la Spagna, il Sudafrica a Port Elizabeth, la Namibia, comprò terreni per poi rivenderli a pagare i debiti accumulati, restò vedovo, si trasferì a Cerro, poi gli anni del cielo nuvoloso, il silenzio della solitudine, l’oblio della folla rumorosa, anche se, secondo il suo solito racconto fiabesco, nella comunità giravano bionde di gusto eccelso. Questo, in fondo, valeva la retta. Sento di nuovo il profumo della minestra di riso.
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Dal sito tggialloblu.telenuovo.it
22 aprile 2025
ADDIO A GIUSSY FARINA: STORICO PRESIDENTE DEL VICENZA, GUIDÒ ANCHE L'AUDACE
Lutto nel mondo del calcio. E’ morto Giuseppe “Giussy” Farina. Nato a Gambellara nel 1933, avrebbe compiuto 92 anni il prossimo 25 luglio.
Lunghissimo l’elenco delle società che ha guidato: Milan, Padova, Vicenza, Audace San Michele, Valdagno, Legnago, Schio, Rovigo, Belluno, Rovereto, Modena e Palù.
Il culmine lo raggiunse con il Lanerossi Vicenza, di cui fu presidente dal 1968 al 1980 e la squadra di Paolo Rossi e G. B. Fabbri arrivò al secondo posto nel 1978 e partecipò alla Coppa Uefa.
Celebre la battaglia alle buste con la Juventus per la comproprietà di Paolo Rossi, che vide Farina offrire 2.612.510.000 lire.
Giussy Farina fu anche proprietario del Padova alla fine degli anni ’70 e presidente del Milan che poi - fortemente indebitato - cedette a Silvio Berlusconi.
Colpito da un mandato di cattura per bancarotta, rimase a lungo in Sudafrica per poi tornare nel suo “buen retiro” a Bosco di Zevio. Laureato in giurisprudenza, padre di sette figli avuti da due mogli, il primogenito Francesco (al quale ha trasmesso anche la passione per il calcio) è sindaco di Palù.
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Dal sito www.ilgiornaledivicenza.it
22 aprile 2025
MORTO GIUSSY FARINA, IL PRESIDENTE DEL REAL VICENZA
Per dodici anni fu alla guida della società biancorossa, fu anche proprietario del Padova e Presidente del Milan prima di Berlusconi
Si è spento oggi (martedì 22 aprile) Giuseppe “Giussy” Farina. Nato nel 1933, avrebbe compiuto 92 anni il 25 luglio. Divenne presidente del Vicenza nel 1968 e rimase alla guida della società biancorossa per 12 anni. Il suo nome è legato principalmente all’epopea del Real Vicenza di Paolo Rossi e G. B. Fabbri, che giunse sino al secondo posto in Serie A e partecipò alla Coppa Uefa. Nel corso della sua gestione si ricorda anche il clamoroso “no” alla Juventus, che perse alle buste il cartellino di Pablito. Farina fu anche proprietario del Padova e presidente del Milan prima dell’arrivo di Silvio Berlusconi. |
Dal sito www.corriere.it
22 aprile 2025
GIUSSY FARINA: «AGNELLI PER PAOLO ROSSI MI DIEDE UN MILIARDO IN NERO. RIVERA STAVA PER FINIRE SOTTO UN TRAM»
L’ex presidente del Milan, 89 anni: «Tutti mi dicevano: compra il Milan, le donne cadranno ai tuoi piedi». «Dal Vicenza al Rovigo, ho avuto 12 squadre. Uno scudetto me lo sarei meritato, no?»
Umberto Bossi non era ancora nato quando Giuseppe Antonio Farina in famiglia fu chiamato Giussano, «nulla a che vedere con l’Alberto della leggenda». Di qui il vezzeggiativo Giussy, l’unico nome che gli è rimasto attaccato. Per il proverbio veneto secondo cui «de 7 anni i xe butei, de 70 ancora quei», l’ex contadino del calcio vive in una comunità del Veronese, fondata da una carismatica, dove gli gironzolano intorno bimbi di 3. Lui ne compirà 90 il 25 luglio. «Non capisco perché devo pagare 2.000 euro mensili di retta. Questa casa è mia, ci sono cresciuti i miei primi sei figli». Si è dimenticato d’averla venduta alla Onlus in illo tempore. Ogni volta che il primogenito Francesco glielo ricorda, s’inviperisce: «Impossibile! Nella mia vita ho sempre e solo comprato».
Soldi a parte, si trova bene?
«Benón. Qui è interessante: girano certe bionde... Ma stavo meglio a Cerro, il paese di Gigliola Cinquetti. Poi mi hanno tolto la macchina: facevo un incidente al giorno».
Le manca la guida?
«Non stravedo per le auto. I soci del Milan mi donarono una Rolls-Royce verdina. Mai usata. Mi bastavano il fucile da caccia, le galline e la mia collezione filatelica di annulli del Lombardo-Veneto».
Quante squadre ha avuto?
«Ma è Rischiatutto? Fammi pensare... Milan, Padova, Vicenza, Audace, Valdagno, Legnago, Schio, Rovigo, Belluno, Rovereto, Modena, Palù».
Accipicchia. Sono 12.
«Volevo comprare anche il Venezia. E il Verona, ma arrivò prima il conte Pietro Arvedi d’Emilei. In 35 anni di calcio almeno uno scudetto me lo sarei meritato, o no?».
A Palù è sindaco il suo Francesco, al secondo mandato.
«Il nome viene da palude. Fu bonificato dai carcerati di Verona. Io lo riportai sott’acqua: 500 ettari coltivati a riso. Ci allevavo 30.000 germani reali l’anno. Vedi quel casotto in mezzo ai campi? Prima lì era un lago. Mi ci appostavo di notte con la stufetta e all’alba ero pronto per la caccia».
Possedeva tenute ovunque.
«Per la verità le possedeva la mia prima moglie, la contessa Carla Rizzardi, 88 anni. È in Grecia a fare trekking».
Ne ha avute di fiamme.
«Non ero un cornificatore seriale. Se capitava... Fino ai 40 anni non ho corteggiato nessuna, semmai venivo corteggiato. Tutti a consigliarmi: “Compra il Milan, vedrai quante donne cadranno ai tuoi piedi”. Manco una».
Non si butti troppo giù.
«Gabriella Casini, vedova di un consigliere del Vicenza, si faceva consolare da mia moglie nella nostra tenuta in Toscana. Finì che mi diede una figlia, Marisol. Poi ci fu l’australiana Dunja Adcock, 40 anni meno di me. Mi lasciò per una crisi mistica. Nel 2008 sposai Luciana Gaspari, avvocata. È morta nel 2012».
Si era partiti dalle tenute.
«Mille ettari a Port Elizabeth. Mi manca il Sudafrica. Gente sana, bianchi e neri. Anche 13.000 ettari in Namibia. Qualcosa in Spagna».
Tutto perduto per i debiti del Milan: 13 miliardi di lire.
«Andai da Silvio Berlusconi ad Arcore. Prendilo tu, gli dissi. “T’invidio quella bella testa di capelli neri”, mi rispose. Fui arrestato per un reato, il falso in bilancio, che oggi non esiste nemmeno più. Il mio avvocato s’era accordato con il pm Ilio Poppa perché mi rilasciasse subito. Invece mi tennero in cella 48 ore. Cominciai lo sciopero della fame. I g’ha ciapà paura. Il lunedì, prima di liberarmi, mi portarono in mensa: g’ho fato ’na magnàda che ancora ce l’ho in mente. “Se non passi tre giorni in galera, in Italia non sei nessuno”, commentò mia sorella. Aveva ragione».
Odia ancora Berlusconi?
«Continuavo a chiedere: ma è morto? Ora che se n’è andato, quasi mi dispiace».
Litigò con Gianni Agnelli.
«Mi convocò a Torino: “Voglio Paolo Rossi”. Glielo ridò fra un anno, replicai. “No, adesso”. Andammo alle buste. Io lo valutai 2,4 miliardi di lire, l’Avvocato 900 milioni. Quello stesso anno il Vicenza fu retrocesso in serie B. Capito come funziona il calcio?».
Rossi infine tornò alla Juve.
«Agnelli mi diede anche 1 miliardo in nero. Non rammento come lo spesi, giuro».
Lei era elastico con i soldi.
«Nella mia tenuta di Palù un giorno arriva Antonio Marzorati, consigliere del Milan. Veniva a riscuotere 1 miliardo di lire che mi aveva prestato. Alla fine mi offrì il pranzo e mi strinse la mano: “Dobbiamo comprare una squadra insieme”. Quella somma non gliel’ho mai restituita».
Al Milan come ci arrivò?
«Nel 1982 ero a tavola con amici al Principe di Savoia. Entrò Felice Colombo, presidente rossonero: “Basta, sono stufo della squadra. Se trovo qualcuno che mi dà 3 miliardi, gliela tiro dietro”. Avevo accanto Carlo Bonfante, ragioniere in pensione di Isola della Scala, il mio contabile di fiducia, più fedele di una moglie. Gli dissi: ragioniere, scriva. “Come da proposta in presenza di testimoni, accetto l’acquisto del Milan per 3 miliardi di lire”. E feci spedire una raccomandata».
Dal Cavaliere ne voleva 20.
«Berlusconi me ne offriva 15. Mi chiamò Giampiero Armani, azionista della squadra rossonera: “La compro io per 20”. L’indomani il petroliere piacentino ricevette una telefonata da Bettino Craxi: “Quell’affare non è per te”. E così non si presentò dal notaio. Invece arrivò la Finanza. Tutti i beni che avevo dato in garanzia, inclusa la casa di Verona della mia prima moglie, mi vennero portati via».
Chi fu il miglior calciatore?
«Franco Baresi. Dava tutto sé stesso. Parlare con lui era parlare con un uomo».
Credevo Gianni Rivera.
«Mentre a Milano attraversavamo la strada con Nereo Rocco, stava per finire sotto il tram. “Ti xe propio un mona!”, lo sgridò El Parón».
Il più grande allenatore?
«Héctor Puricelli. È stato come un padre, per me».
Viene qualcuno a trovarla?
«Il ragionier Bonfante. E Giambattista Pastorello, ex presidente del Verona».
Che cos’è la vecchiaia?
«Una brutta roba. Ma non pessima. Se prendi la giusta distanza, è sopportabile».
Il giorno in cui fu più felice?
«Quando mi nacque il primo figlio. Non pensavo che ne avrei avuti altri sei».
Non è stato molto generoso con Francesco, confessi.
«È vero. Dopo avergli dato la presidenza del Vicenza, nel 1981 gli affidai il Modena. Mi telefonò: “Papà, qui ci sono gli stipendi da pagare”. E io: il contratto di acquisto reca la tua firma, pensaci tu. Rimase lì 15 anni e per i primi 10 non mi rivolse più la parola».
Vive in una Onlus religiosa. Ambiente insolito per lei.
«Non nutro una grande passione verso i preti. Andavo in chiesa solo per matrimoni e battesimi. Da poco partecipo alla messa domenicale».
Se lei fosse il Padreterno...
«Io sono il Padreterno!».
Mi lasci finire. Se lo fosse, nel giudizio finale quale peccato non si perdonerebbe?
«Non si può scrivere. Comunque, lasciami il tuo indirizzo. La prossima volta verrò io a intervistare te».
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(da AC Milan - X) |

(da Franco Cerilli - facebook) |

22 aprile 2025 - Nel corso della giornata odierna, all’età di 91 anni -essendo nato a Sorio di Gambellara (VI) il 25 luglio 1933- é venuto a mancare Giuseppe “Giussy” Farina, Presidente del Milan dal 18 gennaio 1982, succedendo a Gaetano Morazzoni, al 12 gennaio 1986, prima dell’avvento di Silvio Berlusconi. Il Gruppo Maglia Rossonera, Old Fans Casciavìt porge le più sentite condoglianze alla Sua Famiglia |
Un ricordo di Giuseppe Farina a cura di Giuseppe Di Cera
Un carattere particolare e a suo modo un visionario anche se di ciò che aveva in mente realizzò poco, pochissimo. Giuseppe Farina, per tutti "Giussy", fu presidente del Milan per 4 anni dal gennaio 1982 al gennaio 1986. Era stato prima il numero uno del Vicenza e fu l'ultimo presidente rossonero prima dell'inizio dell'era berlusconiana. Fu colui che permise la celebrazione di matrimoni a Milanello, acquistò Wilkins, Hateley, Di Bartolomei e Pablito Rossi (per cui stravedeva) e vide la squadra sprofondare in B, nonostante il successo in trasferta dell'ultima giornata a Cesena per 3-2. Fatale fu il non proprio casuale pareggio tra Napoli e Genoa. Sotto la sua gestione il Milan vinse il derby del 28 ottobre 1984 con il noto (per noi rossoneri) perentorio stacco aereo di Hateley su Collovati che fisso il definitivamente il punteggio sul 2-1. Il passaggio dalle quote societarie a Berlusconi avvenne in modo poco amichevole e comunque con il fondamentale apporto dell'allora vicepresidente Gianni Nardi, che le fece sequestrare. Oggi ci lascia all'età di 91 anni ed è a tutti gli effetti un pezzo importante di storia rossonera. È parte del nostro milanismo. Credit foto (Farina al triplice fischio di Cesena-Milan 2-3) magliarossonera.it. #giussyfarina #storiedimilan
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Un ricordo di Giuseppe Farina di Pietro Paolo Virdis
“Sono arrivato nel suo Milan nel 1984… Ricevetti una telefonata da Rivera mentre ero a Udine… Dapprima pensai ad uno scherzo di un amico.. Poi capii che era veramente lui.. Mi volevano al Milan, per ricostruire una grande squadra.. Credette in me e io mi lasciai affascinare da quel progetto.. Il resto è storia… Buon viaggio Giussy…” (Pietro Paolo Virdis, 22 aprile 2025)
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da "Milan 120 anni di storie rossonere" - facebook
Si è spento l’ultimo presidente rossonero prima di Berlusconi. Aveva 91 anni. Giuseppe #Farina si era laureato in giurisprudenza all’Università di Palermo e per anni è stato il punto di riferimento nell’età dell’oro del calciomercato, pur agendo in una dimensione provinciale, tagliata su misura per lui che si definiva “uomo di campagna”. Quando rilevò il pacchetto di maggioranza del #Milan, nel 1981, qualcuno parlò “malignamente” di operazione ideata da Felice #Colombo (presidente squalificato dopo la vicenda del Calcioscommesse 80) per rimanere il vero padrone della società rossonera. Invece, Farina dimostrò una grande abilità ad impadronirsi di una delle società più gloriose del futbol italiano. Giussy accettò di combattere una guerra con pochi sostenitori nei posti chiave dei vertici del calcio italiano. Divenne presidente nel gennaio ‘82, in uno dei periodi più difficili della storia del Milan. Il suo più grande merito - nel quadriennio di presidenza - è stato quello di aver riportato subito in A i rossoneri, affidandosi ad un tecnico molto preparato (Ilario #Castagner) e ricostruendo la squadra confidando su collaboratori molto competenti (tra questi, Silvano #Ramaccioni). In quel periodo di magra finanziaria, Milanello veniva affittato per matrimoni allo scopo di fare cassa. Durante la campagna acquisti dell’estate ‘84 si registrò il momento di maggior feeling con i tifosi, dopo aver rinunciato a cedere pezzi pregiati della rosa, Franco #Baresi su tutti. La decisione di riprendersi Paolo #Rossi, sette anni dopo averlo avuto a Vicenza, si rivelò una scelta sbagliata da un punto di vista tecnico e finanziario, con Pablito dalle ginocchia arrugginite. Gli oltre sei miliardi versati alla Juventus furono un affare solo per Boniperti. Lasciò il Milan a Silvio #Berlusconi in quella che fu l’alba di un’era lunghissima e gloriosa per i colori rossoneri. Rientrato in Italia, Farina dichiarò: “Se tornassi indietro, non prenderei più il Milan, un giocattolo troppo complesso per un uomo di campagna come me”. Parole proferite quando nel Milan tutti si erano già scordati di lui. (22 aprile 2025)
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Dal sito www.milanistichannel.it
23 aprile 2025 - di Mauro Suma
IL MILAN DI OGGI, CI VORREBBE UN FARINA…
Dal 1982 al 1986, un altro mondo, un altro calcio, un altro rumore di fondo. Ma chi ha memoria la usi, senza negare rispetto alla figura di Giussy Farina.
Onore e rispetto per un presidente del Milan per quattro anni. Simpatia e affetto per una simpatica canaglia, scritto in senso buono. Per Giuseppe Farina, il presidente usato per molti anni dai tifosi avversari per ricordare ai Milanisti i loro momenti bui, e oggi usato invece dai Milanisti stessi per sfoghi di pancia sul Milan di oggi. Ma anche negli ultimi anni dello storico Milan Berlusconi-Galliani c'era chi mi sibilava all'orecchio che Giussy aveva lasciato Baresi e Maldini, Galli e Tassotti mentre a metà dello scorso decennio al cambio di proprietà c'erano Mexes, Zapata e Paletta...
COSA HA FATTO FARINA - Negli anni, i Milanisti passati da Terza Pagina a Milan Channel, da Ilario Castagner a Vinicio Verza fino a Ottorino Piotti mi hanno raccontato troppi particolari per dare un giudizio dolce e retorico su colui che è stato comunque un grande protagonista del calcio italiano. Ma chi oggi lancia anatemi e minacce social di morte ad una società che acquista campioni d'Europa come Morata e Walker, avrebbe dovuto esserci quando nell'estate del 1983 dallo Jesi arrivava Ricardo Paciocco e dal Sant'Angelo Lodigiano invece Paolo Valori...
E chissà quanti strali e contumelie se il Milan di oggi avesse lasciato sia Collovati sia Pasinato ("Ero pronto a firmare in bianco pur di restare") sia Canuti e Serena tutti all'Inter...Eppure loro sarebbero rimasti tutti e tre, anche se la notte prima delle partite c'erano le feste di matrimonio nella club house per gli spicci con cui fare un impacco al bilancio. Tempi che oggi appaiono eroici, ma che non potevano proseguire. Sapete perchè il sia pur dirigente fariniano Silvano Ramaccioni è poi rimasto nel Milan di Berlusconi? Perchè Silvio era rimasto molto colpito dal fatto che bisognava rimborsarlo Ramaccioni: il conto dell'albergo dell'ultima trasferta europea di quel Milan, a Waregem, in Belgio, nel novembre 1985, l'aveva pagato lui...
Comunque sia, nessun attacco sommario e gratuito: Giussy ha portato la croce della B decisa alla fine di Napoli-Genoa, ha avuto il coraggio di rifare da capo la squadra con i pirati guidati da Vinicio Verza, ha portato al Milan insieme a Gianni Nardi il grande Mark Hateley con tanto di storico gol nel derby, aveva saputo tenere nel Milan la bandiera Gianni Rivera. Non era proprio tutto sbagliato e tutto da rifare, ma il passo che la grande Milano imprenditoriale di quegli anni non aveva voluto fare, lui era partito da Vicenza per farlo con tanto coraggio. Solo che era un passo troppo troppo grande...
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