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7 dicembre 2018

GIGI RADICE È MORTO: VINSE QUATTRO SCUDETTI CON MILAN E TORINO
L'ex giocatore e tecnico si è spento all'età di 83 anni. Vinse tre campionati e una Coppa dei Campioni da giocatore con il Milan, prima di trionfare sulla panchina dei granata, nel primo e unico scudetto dopo Superga
Lutto nel mondo del calcio. Si è spento, all'età di 83 anni, Luigi Radice. Una carriera legata ai colori del Milan e a quelli del Torino, prima da giocatore e poi da tecnico. Con la maglia rossonera vinse tre scudetti a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, prima dello storico trionfo nella Coppa dei Campioni del 1963, la prima conquistata da un club italiano. I successi in panchina, invece, furono a tinte granata: fu lui a guidare il Torino alla conquista del campionato 1975-76, il primo (e finora unico) conquistato dopo la tragedia di Superga.
LA CARRIERA — Cresciuto nel vivaio del Milan, Radice ha debuttato in prima squadra nella stagione 1955-56. Poche presenze all'attivo ma due scudetti in bacheca nei primi quattro anni in rossonero, poi i prestiti alla Triestina e al Padova, preludio ad un ritorno all'ovile da protagonista. Colonna del Milan tricolore nel 1961-62 e del trionfo in Coppa dei Campioni nella stagione successiva, primo successo italiano nella più importante competizione europea per club. Ritiratosi in seguito a un grave infortunio, ha iniziato il percorso da tecnico nel 1966-67, sulla panchina del Monza. Promosso in Serie A col Cesena nel '72-'73, ha legato la sua carriera da allenatore allo storico scudetto conquistato alla prima stagione sulla panchina del Torino, che sotto la sua guida fu capace di conquistare il primo (e per il momento unico) tricolore dopo la tragedia del Grande Torino. Chiuse la carriera sulla panchina sulla quale aveva esordito: quella del Monza, guidato alla promozione in Serie B al termine della stagione 1996-97. Anche negli ultimi anni segnati dalla malattia, quel morbo di Alzheimer rivelato dalla dolorosa confessione del figlio Ruggero, Radice ha continuato a lottare con la sua indole da vero combattente. Il mondo del calcio oggi lo piange, ricordando con grande affetto un personaggio davvero d'altri tempi.


GIGI RADICE, IL CORDOGLIO DEL MONDO DEL CALCIO: QUANTI MESSAGGI PER RICORDARLO
Non si stanno facendo attendere le reazioni dopo la morte dell'ex calciatore e tecnico: Milan e Torino celebrano la sua storia, tanto affetto anche dagli ex club e dagli avversari
Tanto affetto e tanti messaggi di cordoglio da parte di tutto il mondo del calcio, che si è stretto nel dolore e nel ricordo per l'addio a Gigi Radice. L'ex giocatore e allenatore, che ha legato la sua carriera in campo ai colori del Milan e la sua esperienza da tecnico a quelli del Torino, si è spento a 83 anni dopo una lunga battaglia combattuta contro il morbo di Alzheimer.
MILAN E TORINO — Rossoneri e granata ricordano con trasporto e commozione un uomo capace di scrivere pagine di storia dei rispettivi club. 'Il suo Milan è stato il primo Club italiano a vincere la Coppa dei Campioni. Lui, Gigi Radice, tre volte campione d'Italia in rossonero, ci ha lasciati. La Storia del calcio e tutto il Milan lo ricordano con affetto e commozione. Condoglianze sincere alla famiglia Radice'', si legge nel post pubblicato sul profilo Twitter del Milan. ''Addio, Mister Radice, colonna della nostra storia. Ieri, oggi, per sempre'', ha twittato il Torino. Il cordoglio del club granata è stato espresso in prima persona, e con grande commozione, dal presidente Urbano Cairo. Struggente anche il ricordo di Claudio Sala, uno degli eroi dello scudetto granata del '76: "Ciao Mister. Ho esordito con te. Ho vinto insieme a te".


È MORTO GIGI RADICE: CON LUI IL TORINO VINSE L'ULTIMO SCUDETTO
Teorico del calcio totale, si è spento all'età di 83 anni. A lui è legata l'ultima stagione vincente granata, ma nella sua carriera ha guidato anche Inter, Milan e Bologna
ROMA - Il calcio olandese del Torino campione d'Italia del 1976 è ancora oggi ricordato come uno dei modelli massimi di gioco espressi da una squadra italiana. Il tecnico che creò quella squadra, Gigi Radice, è morto oggi all'età di 83 anni. Da tempo era malato di Alzheimer. Sulla panchina granata ha toccato l'apice della sua carriera di allenatore, ma i consensi non mancarono anche nelle esperienze, tra le altre, con Inter, Milan, Bologna, Roma e Fiorentina.
Come calciatore ha militato nel Milan, Triestina e Padova. Prima che un infortunio al ginocchio ne decretasse la fine prematura della carriera, fece in tempo a conquistare con il Milan la prima Coppa dei Campioni vinta da una squadra italiana nel 1963, anche se nella finale contro il Benfica di Eusebio non giocò. In Nazionale fu convocato per il Mondiale in Cile nel 1962, giocando contro Germania Ovest e Svizzera, ma saltando la corrida contro i padroni di casa che decretò l'eliminazione degli azzurri.
Sempre all'avanguardia, anche con squadre di medio cabotaggio come ad esempio la Roma della stagione 1989/90, una delle ultime con Dino Viola presidente. Ricorda Ruggero Rizzitelli, all'epoca attaccante giallorosso: "Radice era un vero gentiluomo, fece innamorare una città".
Altro piccolo capolavoro con il Bologna del 1980/81. Radice seppe risollevare un ambiente scosso dal calcioscommesse della stagione precedente, azzerando in fretta la penalizzazione di 5 punti fino a chiudere al settimo posto. Era sesto anche con la Fiorentina della stagione 1992/93, quando fu esonerato dall'allora presidente Cecchi Gori dopo una lite: la squadra si disunì finendo per retrocedere.
Il capolavoro, come detto, arrivò nel 1976. Il Torino che vinceva si era perso 27 anni prima nel tragico schianto di Superga. In tanti, da Rocco a Giagnoni, avevano provato a riportare il tricolore. L'ultimo ci era andato particolarmente vicino, tanto che i tifosi ricordano ancora con rabbia un gol fantasma non concesso ai granata nella pioggia e fango del Ferraris in un Samp-Toro del 1972, con la squadra lanciatissima in zone di vertice (chissà, ci fosse stato già il Var...). Intanto, nel 1974, una squadra aveva incantato il mondo con il calcio totale. Era l'Olanda di Cruyff. Radice si ispirò molto a quel modello: la marcatura a zona, il pressing in ogni parte del campo. Ebbe poi la bravura e la fortuna di trovare gli interpreti adeguati. "Datemi uno che para e uno che la butta dentro, al resto ci penso io" era una massima di Fulvio Bernardini, un altro innovatore del nostro calcio.
Ma Radice in quel 1976 aveva ancora di più. Uno che parava saltando da un palo all'altro (l'alias Giaguaro era tutto un programma) come Luciano Castellini, addirittura due che la buttavano dentro, i gemelli del gol Graziani e Pulici. "Il mio ricordo di Gigi è meraviglioso. Per me non era solo un allenatore ma un fratello maggiore o un padre", è il pensiero di Graziani. "È stato un maestro, un papà. Mi ha aiutato a essere qualcosa di più di un buon calciatore, mi ha aiutato anche a essere un uomo fuori dal campo" gli fa eco Paolo Pulici: "Era un allenatore che pretendeva da tutti serietà - prosegue Puliciclone -. Ma era anche un uomo, e come uomo chiedeva certe particolarità e bisognava rispettarle. I consigli che ti dava, se li ascoltavi, ti facevano sempre andare in campo e fare bene".
E ancora, un talento purissimo del centrocampo come Eraldo Pecci, un ragionatore come Renato Zaccarelli ed un ala che trovava spazio per il cross lì dove per gli altri questo era precluso, Claudio Sala. Proprio quest'ultimo è stato uno dei primi a ricordarlo: "Radice è stato un innovatore, un grandissimo allenatore che ha cambiato il calcio italiano e ha regalato una delle più grandi soddisfazioni al Torino".
La Juventus anni Settanta, che pure era formata da grandi intepreti, soffriva molto il famoso tremendismo granata. In quella stagione non bastarono ai bianconeri 5 punti di vantaggio (la vittoria valeva 2) alla 21esima giornata. Tre sconfitte consecutive, una delle quali nel derby: fu sorpasso, e il Torino non mollò più fino all'ultimo. La stagione seguente poteva essere un grande bis, ma incredibilmente, nonostante i 50 punti fatti sui 60 disponibili, il tricolore non arrivò per un punto ed a spuntarla fu la Juve dopo un infinito testa a testa.
"In questo momento le parole sono superflue, meno se ne dicono, meglio è: abbiamo perso un grandissimo uomo...". Eraldo Pecci, che del Toro dello scudetto era il regista, fatica a parlare di Gigi Radice. "C'è davvero poco da dire, era un uomo esemplare al quale ero molto affezionato". Due caratteri all'apparenza lontanissimi, Radice schivo e riservato, Pecci esuberante ed estroverso, ma capaci di un rapporto profondo. "Dicevano di lui che era un 'sergente di ferro', invece sapeva essere un uomo molto dolce - ricorda -. Dal punto di vista professionale è stato l'allenatore che ha cambiato il calcio italiano, portando l'Olanda in Italia".
"E' stato un grandissimo nella storia del Torino e in quella del calcio, sport in cui ha interpretato al meglio il ruolo del maestro: entra di diritto nel pantheon granata con gli eroi di Superga", dichoara l'attuale presidente del Toro, Urbano Cairo.




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(dalla "Gazzetta dello Sport" dell'8 dicembre 2018)



Rassegna stampa sulla morte di Gigi Radice
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10 dicembre 2018, le esequie di Gigi Radice
(foto di Luigi La Rocca)




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