Nils Erik LIEDHOLM (I)
"Barone"

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Dal sito www.ansa.it
5 novembre 2007

CALCIO: E' MORTO NILS LIEDHOLM
ALESSANDRIA - Si è spento oggi l'ex calciatore e allenatore Nils Liedholm. Aveva 85 anni. Liedholm abitava a Cuccaro, in provincia di Alessandria, dove aveva una tenuta agricola. Lo si è appreso nel paese del Monferrato, dove la ditta di pompe funebri Longo ha comunicato che i funerali si svolgeranno giovedì alle ore 11.




Dal sito www.acmilan.com
5 novembre 2007

L'ULTIMO GIORNO DEL BARONE: LE CONDOGLIANZE DEL MILAN
MILANO - Il Milan piange la scomparsa di Nils Liedholm, il tecnico rossonero della Stella, protagonista insostituibile del leggendario trio Gre-No-Li, che si è spento all'età di 85 anni a Cuccaro, nel Monferrato, dove viveva. Con lui se ne va un pezzo enorme della storia del Milan, ma il suo ricordo rimarrà indelebile nel cuore di tutti i Milanisti e degli appassionati di calcio.

NILS LIEDHOLM SULLA NOSTRA PANCHINA
MILANO - Il Barone ha allenato il Milan dal 1963 al 1966, dal 1977 al 1979, dal 1984 al 1987, per un totale di 280 presenze sulla panchina rossonera.

NILS LIEDHOLM: LA BIOGRAFIA
MILANO - Nils Liedholm è nato in Svezia, l'8 ottobre 1922, a Valdemarsvik. Dal 1942 al 1949 ha vissuto da protagonista sette edizioni del campionato svedese di calcio. Poi, per lui, dodici stagioni di Milan, fino al 1961, per un totale di 359 presenze in partite ufficiali e 81 gol. In maglia rossonera Liedholm ha vinto 4 Scudetti e 2 Coppe Latina. Con la sua nazionale, la Svezia, ha vinto la medaglia d'oro alle Olimpiadi del 1948 e la medaglia d'argento ai Mondiali 1958. Nel 1963 il Barone diventa allenatore guidando Milan e Roma a più riprese oltre a Verona, Monza, Varese e Fiorentina. Bilancio: 2 scudetti, uno rossonero e uno giallorosso.

NILS LIEDHOLM: I FUNERALI
MILANO - La salma del Barone, per volontà della Famiglia cui vanno le più sentite condoglianze da parte di tutto il Milan, non verrà esposta. I Funerali si terranno giovedì 8 novembre 2007 alle 11.00, presso la Parrocchia Santa Maria Assunta di Cuccaro (Alessandria).

NILS LIEDHOLM: IL MILAN CON IL LUTTO AL BRACCIO
MILANO - Domani sera, a Donetsk, contro lo Shakhtar in Champions League, il Milan giocherà in tenuta bianca e con una fascia nera al braccio in segno di lutto per la scomparsa di Nils Liedholm. Domani mattina nel consueto meeting organizzativo Uefa, il Milan chiederà che venga osservato un minuto di raccoglimento prima dell'inizio della partita.

NILS LIEDHOLM: LE PRINCIPALI REAZIONI
MILANO - Il presidente Berlusconi: "Ci ha lasciato un grande della storia del Milan: un campione, un signore, un amico. Ricordo delle sue prestazioni senza un solo errore. Grazie Nils, per tutto quello che hai fatto per noi". Adriano Galliani: ''Con Liedholm se ne e' andato un pezzo di storia della nostra societa'. Il Milan, domani sera, giochera' con il lutto al braccio in memoria di questo grande uomo del calcio''. Carlo Ancelotti: "Per me è stato un grande maestro e non potevo trovare miglior persona per cominciare la carriera da calciatore".

BUON VIAGGIO BARONE
Il Cielo riserva un posto d'onore a Nils Liedholm. Maestro di ironia, campione di un calcio vero e irripetibile, allenatore innovativo e vincente. Il Milan si inchina, come tutto il mondo del calcio, davanti alla figura del Grande Svedese

MILANO - Il Milan è a Roma, una città che lui conosce bene. E' gennaio, è il 1985. Strano, la neve nella Capitale. La città non è del tutto preparata, l'organizzazione dello stadio idem. E' per questo che poco prima di scendere in campo, con le distinte ufficiali delle formazioni già pronte, Lazio e Milan vengono invitate a soprassedere: campo impraticabile, si gioca domani. E' lunedì e tutta la squadra rossonera è convinta che l'allenatore finisca per fotocopiare la formazione del giorno prima. Ed è quello che sostanzialmente accade. Sostanzialmente però, perchè c'è una novità: Virdis al posto di Incoccciati. Il buon Peppiniello si azzarda a chiedere spiegazioni, "Mister ma perchè ieri ero in formazione e oggi no?!". "Ecco appunto - la risposta - tu già iocato ieri, oggi ioca Pietro che è più riposato...".

Una risposta così strepitosa alle fondamenta, ha una sola spiegazione. Uno così, uno come il Barone, l'avevano già inventato, senza possibilità di replica, senza tentativi di imitazione che potessero essere minimamente credibili. E ce l'hanno tenuto vicino per tanti anni. Nonostante la malattia e nonostante la mitica tenuta di Cuccaro fosse diventata una fortezza inespugnabile, Liddas si è battuto prima di cedere. Eccome se ha resistito, tanto e a lungo. Ma alla notizia della sua scomparsa, tutti, ma proprio tutti, gli appassionati di calcio italiano applaudono. Applaudono di cuore, senza smettere, senza stancarsi. Come quel pomeriggio a San Siro, quando dopo una catena infinita di passaggi azzeccati, ne sbagliò uno.

Nils Liedholm è passato a miglior vita, ma la sua traccia nell'esistenza di tutti noi resta. Indelebile. Inconfondibile. Incancellabile. Non ha solo vinto cinque dei diciassette scudetti del Milan, quattro da giocatore e uno (quello della Stella) da allenatore, ma ha fatto epoca. E' stato il perno del Gre-No-Li, un terzetto che l'intera storia del calcio italiano ancora oggi invidia ai colori rossoneri. Il Barone era il perno, l'asse d'equilibrio dell'enclave svedese nel cuore del Milan. E' stato il primo della meravigliosa stirpe di capitani che il Milan ha saputo prima forgiare e poi regalare ai propri tifosi e a tutto il mondo del pallone: Nils Liedholm, Cesare Maldini, Gianni Rivera, Franco Baresi e Paolo Maldini. Cinque monumenti, lui il primo. Ha vinto, il signor Liedholm, lo scudetto a cui il Paròn teneva di più. Nereo Rocco ci aveva salutati nel febbraio del 1979, da collaboratore tecnico del Grande Svedese, a metà di quella che aveva tutta l'aria di essere la stagione della volta buona per il decimo sigillo, con il Milan primo in classifica. Quella Stella che aveva vanamente inseguito per dieci anni rimaneva però un'incompiuta nella vita terrena. Nils Liedholm mantiene ugualmente la promessa e da quaggiù, nel maggio 1979, alza lo sguardo verso il cielo dedicando lo scudetto all'amico scomparso, "Caro Paròn, te l'avevo detto che ci avremmo pensato noi...".

Nils Liedholm, l'allenatore del Milan che ha lanciato Franco Baresi e Paolo Maldini, che ha sostenuto impagabili e frizzanti dialoghi tecnici con Silvio Berlusconi: è e resterà per sempre il primo tecnico del presidente più vincente della storia del Milan. Il club rossonero lo ha sempre rispettato, tutelato, benvoluto, anche quando le strade si sono separate. Ma tra il Milan e Liedholm c'è sempre stato qualcosa di unico, di speciale. Non si spiega perchè, altrimenti, proprio il Grande Svedese si ritrovava sulla panchina del Verona avversario dei rossoneri, proprio nel giorno in cui, era il 17 maggio 1992, Carlo, il suo amato Carlo Ancelotti, dava l'addio al calcio segnando l'unica doppietta della sua carriera. E sempre Liddas, pochi mesi dopo, veniva invitato a San Siro ad allenare una selezione mondiale che affrontava il Milan in una amichevole natalizia a sfondo benefico. Presente allo stadio imbandierato di rossonero per la Festa estiva del sedicesimo scudetto, presente nell'elenco dei Rossoneri del Secolo alla Festa del Centenario del 16 dicembre 1999, presente a San Siro al pranzo di gala voluto dal Milan per il 50esimo anniversario del quarto scudetto della stagione 1950-51. Sempre presente questo simbolo del calcio e della sua poesia. Oggi che siamo certi che non sarà più fra noi con le sue spoglie mortali, l'orgoglio prevale sulle lacrime, la forza dell'esempio ha la meglio sull'amarezza. C'è stato, l'abbiamo avuto, è stato dei nostri: un pensiero solo al comando, sul podio delle emozioni.

Aveva compiuto 85 anni da poche settimane, il Barone rossonero. L'8 ottobre 2007 il Milan, con Adriano Galliani, gli aveva indirizzato un sentito e affettuoso biglietto d'auguri. Il groppo in gola c'è, i ricordi sono tanti, gli occhi comunque e inevitabilmente umidi. E' troppo grande il pezzo di Milan rappresentato da Nils Liedholm, per non suscitare il brivido dello scoramento in tutte le persone che hanno avuto la fortuna di avvicinarlo, di godere delle sue battute e delle sue imprese. La grandezza del Barone è tale che qualsiasi saluto è piccolo piccolo. E allora, pur con questa consapevolezza, sommesso ma sentito, un grazie. Buon viaggio Barone e grazie ancora.




Dal sito www.gazzetta.it
5 novembre 2007

ADDIO AL BARONE LIEDHOLM
L'ex tecnico di Roma e Milan è scomparso all'età di 85 anni. Capitano della nazionale svedese vicecampione del '58, da giocatore in Italia ha vinto 4 scudetti, da allenatore due, uno col Milan e uno con la Roma MILANO, 5 novembre 2007 - Nils Liedholm è morto. L'ex tecnico svedese di Milan e Roma è scomparso all'età di 85 anni a Cuccaro, nel Monferrato, dove viveva.
Da giocatore è stato capitano della nazionale svedese vicecampione del mondo nel '58. Da giocatore in Italia ha vinto 4 scudetti, da allenatore due, uno col Milan e uno con la Roma.
Pubblichiamo una recente intervista di Nils Liedholm col nostro Luigi Garlando:
Il buon vino che esce dalle cantine Liedholm vale da copertura. Come i fiori per il Gruppo TNT. In realtà a Villa Boemia si continua a produrre ottimo calcio. Prendete questi quattro pali piantati in giardino. "I miei nipoti giocano uno contro uno. Io sto con chi è in possesso di palla. Paolo, 15 anni, ha il mio sinistro, ma gli piace studiare, forse diventerà giornalista. Andrea, 10 anni, fa cose che a me non riuscivano a 15: palla sotto la suola e via. Io gli dico i numeri: 8, 0... E lui, palla al piede, disegna quei numeri sul prato. Gli alleno il dribbling, la tecnica, prima che qualche allenatore gli imponga una partita a due tocchi". Nils Liedholm, insegna calcio doc quando pensa, quando ricorda, quando respira. Perciò non lo interrompiamo più.
ROMA - "Paolo è milanista, Andrea tifa Roma. Totti, con Del Piero, è il miglior giocatore italiano: ha la tecnica di Rivera, in più il peso, che però non gli toglie agilità. Cassano ha fantasia anche quando parla e scherza. Deve imparare quando è il momento di stare serio. Finché sono rimasto io a Roma non c' era ancora riuscito. Ma l' importante è quella fantasia. A me diverte anche quando parla".
ZLATAN - "Ero a Norrkoping con mio figlio. Volevamo andare a vedere Ibrahimovic che giocava in B. Ne parlavano un gran bene. Ci fermò un contrattempo. Il giorno dopo leggemmo che aveva sputato agli avversari. Era il capo di una banda di strada a Malmoe. Ora mi dicono che è migliorato. È bravo". MILAN - "Di Ancelotti ricordo soprattutto le urla di dolore quando in spogliatoio gli manipolavano il ginocchio operato mentre noi ci allenavamo, alla Roma. Quel dolore lo ha reso più forte. Anche contro le critiche che ha sopportato. E' stato bravo a inventarsi Pirlo in quella posizione: io avevo dei dubbi, invece il ragazzo si è dimostrato più guerriero di quel che pensavo. E partendo da dietro ci guadagna. Il Milan può cambiare spesso assetto, è imprevedibile. Ha fatto vedere un calcio di qualità, apprezzato anche all' estero".
CATENACCIO - "Ma non si deve criticare solo il catenaccio. Ci si difende anche a centrocampo, con mille falli tattici. Io ripetevo ai miei giocatori: se fai fallo sbagli due volte. La palla resta a loro e mandi un messaggio di debolezza. Io mi allenavo molto, contro un giocatore o due, per portar via palla senza fare fallo".
LA PRIMA - "Nel ' 79-80 vincemmo la coppa Italia, dopo aver battuto 4-0 il Milan a San Siro, nei quarti. Se Rivera quel giorno disse: "Potevo sperare solo nella nebbia", significa che la mia Roma giocò proprio bene. Avevo un gran gruppo. Avevo Ancelotti. Capello era nel Milan e segnò al ritorno. Era il Milan della mia stella. C'era Novellino che, quando sedeva vicino a me in panchina, parlava sempre: segno che sarebbe diventato un buon allenatore".
LA SECONDA - "Nell' 80-81 vincemmo in finale col Torino, ai rigori. Il primo lo tirò Ancelotti, l'ultimo Falcao, che non ne aveva calciato uno da quando aveva 13 anni. Era molto sensibile Paulo. Era un leader strano. Consigliava al leader vero le cose da dire in spogliatoio. Sapevo che avrebbe sofferto quella passeggiata da centrocampo al dischetto, con 3 miliardi di occhi addosso. Perciò lo tenni fuori dalla lista dei rigoristi contro il Liverpool. Sbagliarono anche due campioni del mondo. Quella passeggiata pesa. Nell' 84 avevamo perso ai rigori anche un torneo in Olanda. Doveva calciare Cerezo, ma aveva già regalato la maglia a degli handicappati. Inzaghi che ruba rigori a Pirlo? Deve tirare sempre il rigorista, perché l' eventuale errore rende nervosa tutta la squadra. Io una volta calciai un rigore così forte di sinistro, all' incrocio, che il portiere della Triestina non credo l' abbia visto. Ma in genere la piazzavo".
LA TERZA - "Sette giorni dopo la sconfitta col Liverpool, affrontammo il Milan all' Olimpico. Ci aspettavamo lo stadio vuoto, trovammo sessanta mila ad applaudirci. Quella passione ci diede la carica per vincere la finale di coppa Italia contro il Verona di Bagnoli".
ANGOLI - "Quando conobbi mia moglie, le dissi: "Noi svedesi abbiamo inventato la ginnastica". Non c' è mattina che non abbiamo fatto ginnastica insieme. Guardatela: sembra una ragazzina. Io, come ogni estate, mi allenerò a Valdemarsvik, sul campo dove ho iniziato, con i miei vecchi amici. Siamo rimasti in 2-3. Ogni estate calcio 5 angoli da destra e 5 da sinistra, mirando la porta. L' ultima volta ho fatto due gol da destra e due da sinistra". Meglio un angolo di Liddas che tutte le lavagne del mondo.




Dal "Corriere dello Sport"
5 novembre 2007

A 85 anni si è spento uno dei miti del nostro calcio: un protagonista che ha fatto grandi Milan e Roma
CIAO BARONE
Dalla Svezia allo scudetto a Roma la vita straordinaria di Nils Liedholm

ALESSANDRIA - Nils Liedholm è morto ieri. Aveva 85 anni. Da tempo si era ritirato nella sua tenuta agricola di Cuccaro, in provincia di Alessandria. Il funerale si terrà giovedì alle 11 presso la parrocchia Santa Maria Assunta di Cuccaro. La salma dell'ex tecnico di Milan e Roma non verrà esposta per volontà della famiglia.
Nils Liedholm era nato a Waldemarkvik, in Svezia, l'8 ottobre del 1922. Centrocampista dello Sleipner Waldemarkvik e del Norrkoeping, 23 presenze e 11 reti nella nazionale svedese tra il 1947 ed il 1958, campione olimpico nel 1948 e secondo ai Mondiali del 1958, arrivò in Italia nel 1948 per giocare con il Milan fino al 1961: 359 partite e 81 gol in serie A. Vinse due scudetti con il Norrkoeping in Svezia e quattro in Italia (1950/51, 1954/55, 1956/57, 1958/59). Insieme ai connazionali Gunnar Nordahl e Gunnar Gren formò il famoso trio detto Gre-No-Li, dalle iniziali dei loro cognomi, nella Svezia e (1949/ 1953) nel Milan.
Poi è diventato un allenatore di successo: ha vinto due scudetti (Milan 1978/79 e Roma 1982/83) e tre coppe Italia (Roma 1979/80, 1980/81, 1983/84), ha guidato anche Verona, Monza, Varese e Fiorentina. La delusione più grande arrivò nell'84 quando la Roma perse ai rigori la Coppa Campioni con il Liverpool. Ma Liedholm sarà sempre ricordato per la sua classe, l'innata eleganza in campo e fuori, quel modo di fare che lo fece appunto diventare il Barone e che fece in modo di fargli chiudere la sua ventennale carriera di calciatore senza mai essere stato ammonito.
Aveva cominciato da bambino, alternando il pallone allo sci di fondo.
Liedholm era conosciuto, e in fondo anche amato, anche per il gusto dell'iperbole e dei paragoni perlomeno arditi come aver fatto diventare Mandressi 'l'erede di Rensenbrink', Tosetto 'il Keegan della Brianza', il carneade Gaudino 'il nuovo Nordahl', Valigi 'il nuovo Falcao'.

Rivera: Debuttai accanto a lui, era già un allenatore
Ero poco più di un ragazzo quando arrivai al Milan dall'Alessandria. Quella stagione che per me fu la prima in un grande club, fu anche la sua ultima in campo. Di Liedholm calciatore sono fiorite leggende molto in tinta col personaggio, alimentate per altro da Nils stesso. Non so se davvero San Siro si alzò in piedi applaudendo un suo passaggio sbagliato dopo due anni di giocate perfette. Ciò che mi ricordo nitidamente è che quel mio primo Liedholm era già un allenatore fatto, un allenatore nato. Da lì in poi le nostre strade si sono incrociate spesso, anche in modo esaltante, come in occasione dello scudetto della stella milanista, con lui in panchina.
Non poteva non nascere un ottimo rapporto tra noi.
Vero che non c'era persona più diversa da Rocco, altro mio maestro di vita. Ma in comune avevano una caratteristica fondamentale: l'aspetto umano veniva prima di quello tecnico. Che pure rimane di prim'ordine. E' stato grazie a Liedholm che si è superato nel nostro calcio il WM puro, è stato grazie a lui che la zona è entrata nel bagaglio tattico italiano.
Quello che però resta il suo autentico, inimitabile marchio di fabbrica, era la sua ironia, il lato del carattere che privilegiava, la sua autentica cultura di vita. A Milano come a Roma, in campo come in panchina.
Liedholm è stato un gigante nella capacità di smitizzare un mondo che già allora stava perdendo il senso della misura. Ora il calcio, lo sappiamo bene, è cambiato, come del resto è cambiato il mondo. Il business è diventato il centro di tutto. Si vorrebbe tornare indietro ma io dubito che questo sia possibile. Non so cosa pensasse di tutto questo Nils. L'ho visto l'ultima volta qualche anno fa. Poi, dato che stava male, si è allontanato da tutti ed è andato a vivere in campagna e ci siamo persi. Mi dispiace non potergli più chiedere niente. Di sicuro non mi avrebbe deluso. Di sicuro è stato bello averlo incontrato, è stato bello aver percorso un tratto importante di strada insieme.
(Gianni Rivera)

Conti: Gli devo tutto. E quella volta che mi prese per il collo...
Liedholm è stato tutto per me. Mi ha dato la possibilità di vivere una vita ricca di soddisfazioni. Con lui ho avuto un grande rapporto umano. Ricordo quando arrivai tardi, da giovanissimo, all'allenamento. Venendo da Nettuno avevo trovato un incidente. Io ero preoccupato e lui mi tranquillizzò: «Bruno, vai piano, non c'è problema, spogliati con calma». Sapeva quello che potevo dare in campo, è riuscito a farmi dare il massimo. E' stato la vita mia. Mi impressionò con quale spirito riprese la Roma dieci anni fa, quando la squadra era in brutte acque. Aveva già settantacinque anni ma il suo carisma era intatto. Sapevamo che solo lui in quel momento di difficoltà poteva risollevare i colori giallorossi. E nonostante l'età rividi il vero Barone quando riprese a brutto muso uno dei calciatori più importanti di quella rosa.
Porterò sempre con me i suoi insegnamenti dal punto di vista umano. In campo, durante gli allenamenti, a volte poteva nascere un battibecco. Lui non sopportava vedere litigare i suoi giocatori e una volta mi prese per il collo. Il rapporto che ho avuto con Liedholm è difficile da raccontare, un rapporto che va al di là del mondo del calcio. Ho cercato di prendere da lui tutto nella mia carriera, prima come calciatore, poi come allenatore e dirigente.
Per me è sempre stato un esempio da seguire, mi piace vivere il calcio senza drammatizzare come piaceva a lui. Quando Pruzzo non segnava, ai giornalisti raccontava che stava facendo un grande lavoro per la squadra. Ho cominciato a seguire il settore giovanile guardando le partite da solo, come amava fare lui. Ho continuato a sentirlo, nel corso degli anni.
Gli ultimi tempi parlavo con il figlio Carlo, mi diceva che stava riposando, capivo che non stava bene. Il suo ricordo lo porterò sempre con me. Non partirò con la squadra per Lisbona, al suo funerale non posso mancare. Addio grande Nils, sei stato la mia vita.
(Bruno Conti)




Dal sito www.tuttosport.it
5 novembre 2007 - dai nostri inviati Claudio Casagrande e Vittorio Oreggia

GRAZIE NILS, MAESTRO DI VITA
Il Milan piange: oggi lutto al braccio e un minuto di silenzio in Champions Ancelotti: «Come un secondo padre. Un giorno vorrei che si pensasse lo stesso di me. Amava lavorare sul campo. Gli hobby: tirare ai portieri e dedicarsi ai giovani» Maldini: «Avevo sedici anni, mi fece debuttare. Entrò negli spogliatoi e disse: "Allora Paolo, dove vuoi piazzarti?" Da lui ho imparato che il calcio è un gioco»

DONETSK. Quando le brutte notizie arrivano così, all'improvviso, non ti lasciano neppure il tempo di pensare e di fartene una ragione, ammesso che possa esistere una ragione di fronte alla morte. Nel gelo di Donetsk, la scomparsa di Nils Liedholm ha raggiunto il Milan pochi minuti prima che iniziasse la rifinitura sul campo che questa sera ospiterà la sfida contro lo Shakhtar e per un pezzo tutti hanno faticato a capire. Poi, dinanzi al rimbalzo delle conferme dall'Italia, l'incredulità ha lasciato spazio al dolore. Quello di Carlo Ancelotti, il figlio prediletto del Barone, compostissimo, è stato un tuffo forzato nel passato remoto: «Non fatico a confessare che per me è stato un secondo padre e ha ricoperto un ruolo importantissimo. L'ho conosciuto che avevo vent'anni, con lui sono rimasto otto stagioni, mi ha guidato quando ero un ragazzino e avevo bisogno di aiuto per muovermi in un mondo speciale. Lo ricordo con affetto, con ironia e con allegria, cioè come è sempre stato nella vita. Lo ricordo come un impareggiabile maestro, non potevo incontrare un allenatore più bravo per iniziare la mia carriera. Credo che se ci fossero stati tanti Liedholm il mondo del calcio, soprattutto da noi, sarebbe migliore. Era una persona positiva. Sono sincero, mi piacerebbe che anche di me i futuri campioni dispensassero il medesimo giudizio».

LA DOPPIETTA. Il Milan giocherà con il lutto al braccio mentre la Uefa ha già acconsentito a che si espleti il rito del minuto di silenzio. In fondo, è una perdita grande e grave per il football mondiale, non solo per l'Italia e la Svezia, il Milan, la Roma, il Verona, i tifosi che non sono separati da barriere di campanile: « Purtroppo non si può riavvolgere il nastro», riflette il tecnico di Reggiolo. Ancelotti e Liddas si sono incrociati e rincorsi. L'addio di Carletto, nel 1992, si è materializzato proprio davanti al Verona dello svedese, sconfitto 4- 2, con doppietta immaginate un po' di chi... « Già, quella volta, due reti proprio a lui... Aneddoti particolari non ne ho da raccontare, anzi non li voglio raccontare perché in realtà potrei scrivere un libro. Mi permetto solo di dire che era un tecnico capace di trasmettere tranquillità, serenità, disponibile all'insegnamento » , sottolinea. « A lui piaceva lavorare sul campo, stare in mezzo a noi. Qualche volta è capitato anche di affrontarlo in partitella: era duro, aveva un hobby, tirare ai portieri. Li teneva in forma lui... » , la scheggia di un passato che non torna più. «L'altro hobby erano i giovani, per i quali spendeva un sacco di tempo. Io lo ringrazio per tutte le ore che mi ha dedicato, se ho raggiunto certi traguardi da calciatore il merito è anche suo. E, allungando il discorso, anche i successi da tecnico un poco gli appartengono».

AMICO DI FAMIGLIA. Un segno profondo, Liedholm, lo ha lasciato anche nella carriera e nel cuore di Paolo Maldini. Il capitano rossonero si definisce «tristissimo» per la scomparsa dell'uomo che lo lanciato, nel gennaio 1985, capovolgendo le regole gerarchiche: «Avevo sedici anni e negli spogliatoi, al debutto, mi domandò: Paolo, allora, dove vuoi giocare? Mi sentii avvampare...Può sembrare un atteggiamento strano, il maestro con l'esordiente, ma solo per chi non lo conosceva: la sua forza stava in questa capacità di trasformare i momenti difficili in situazioni normali. Ecco, se n'è andato non un grande ex calciatore ed ex allenatore bensì un grande uomo. E un amico di famiglia». Liddas è stato un esempio e uno stimolo, una persona speciale. Maldini entra nella galleria dei ricordi e ne cava lezioni di buonsenso: «Mi ha insegnato che il calcio è un gioco e come tale va interpretato. Se sono ancora qui adesso, a quasi quarant'anni, è anche in funzione di ciò che mi ha inculcato Liedholm». Il fuoriclasse rossonero aveva perso i contatti visivi con il Barone, ma non quelli telefonici per via del legame con Cesare, il padre: « Era da un po' che non lo vedevo. Però l'ultima volta che ci siamo sentiti è stato ironico come al solito. Gli domandai come stava e lui mi rispose: bene, bene Paolo...Ora curo solo la velocità perché sul fondo non posso più lavorare tanto...»
Un salto ancora più indietro, ai primi passi nelle giovanili del Milan: «Per quelli della Primavera aveva sempre un occhio di riguardo, ci proteggeva. E io non smetterò mai di portargli gratitudine.»




Dal sito www.corriere.it
5 novembre 2007

Lutto nel mondo dello sport
E' MORTO IL BARONE NILS LIEDHOLM
Il tecnico di Roma e Milan aveva 85 anni. Da allenatore vinse due scudetti


ROMA - Lutto nel mondo del calcio. È morto Niels Liedholm. L'ex calciatore e allenatore svedese aveva 85 anni. Il «Barone» è scomparso a Cuccaro, nel Monferrato. Liedholm è morto nelle prime ore del pomeriggio nella tenuta in cui viveva ormai da diversi anni con la famiglia. Malato da tempo, la scorsa settimana la guardia medica di Cuccaro era stata costretta ad intervenire per una crisi respiratoria. Le condizioni di salute del campione svedese, purtroppo, sono però peggiorate irrimediabilmente. I funerali si svolgeranno giovedì alle ore 11 presso la parrocchia Santa Maria Assunta di Cuccaro.

I SUCCESSI - Una carriera, quella di Liedholm, caratterizzata dai successi in campo (celebre il trio rossonero Gre-No-Li formato con Gunnar Gren e Gunnar Nordahl) e in panchina. Due gli scudetti vinti da allenatore: con il Milan nel '79 e con la Roma nell'83 (leggi la scheda della sua carriera).

IL MILAN - Dopo la notizia della morte di Liedholm, la società rossonera ha subito espresso le proprie condoglianze. «Il Milan piange la scomparsa di Nils Liedholm - si legge in un comunicato del club - il tecnico rossonero della Stella, protagonista insostituibile del leggendario trio Gre-No-Li. Con lui se ne va un pezzo enorme della storia del Milan, ma il suo ricordo rimarrà indelebile nel cuore di tutti i milanisti e degli appassionati di calcio». La squadra rossonera giocherà in tenuta bianca e con una fascia nera al braccio contro lo Shakhtar in Champions League.

LA ROMA - Anche il club giallorosso saluta il Barone sul proprio sito Internet. «Con lui va via un pezzo fondamentale della storia giallorossa» si legge in un comunicato. «Il Presidente Franco Sensi, l'Amministratore Delegato Rosella Sensi, i dirigenti, lo staff tecnico, i calciatori e l'A.S. Roma tutta si stringono con profondo cordoglio ai familiari per la scomparsa di Nils Liedholm. Il 'Barone' ha guidato la Roma per 12 anni e vinto da allenatore il campionato 1982/83».




Dal sito www.repubblica.it
5 novembre 2007
- di Valerio Gualerzi

Fu un campione sia in campo che in panchina, vincendo molto con Milan e con i giallorossi Personaggio straordinario, era celebre per la sua signorilità e le sue scaramanzie
ADDIO AL BARONE DEL CALCIO, E' MORTO A 85 ANNI NILS LIEDHOLM
Celebre l'aneddoto degli applausi di San Siro quando sbagliò il primo passaggio
Allenando la Roma del penultimo scudetto introdusse la zona e lanciò il giovane Ancelotti


ROMA - E' morto Nils Liedholm. Aveva 85 anni. Il decesso è avvenuto a Cuccaro, in provincia di Alessandria, dove l'ex campione di calcio, in campo e in panchina, aveva una tenuta agricola. I funerali si svolgeranno giovedì alle ore 11.

Nato a Valdemarsvik, in Svezia, nel 1922, "Il Barone", come lo chiamavano i tifosi, è stato un grandissimo sia come calciatore che come allenatore. Se la carriera in campo, dopo l'arrivo in Italia nel 1949, la trascorse tutta con la maglia del Milan formando l'eccezionale terzetto scandinavo Gre-No-Li insieme ai compagni Green e Nordahl, i suoi successi in panchina furono sia con i rossoneri che con la Roma. Ma nella sua carriera di tecnico vanno ricordate anche le esperienze con Verona, Varese, Monza e Fiorentina.

Giocando vinse con il Milan quattro scudetti e due coppe latine, allenando altri due titoli di campione d'Italia e tre coppe Italia. Il primo tricolore, ancora con il Milan, nel 1979, che valse ai rossoneri la Stella; il secondo con la Roma di Falcao e Bruno Conti nel 1983, fallendo però l'anno successivo la finale di Coppa dei Campioni con il Liverpool.

Una carriera strepitosa la sua, ma oltre che bravissimo Liedholm fu anche un personaggio straordinario. Signorile, garbato, con un senso dell'umorismo unico e lieve, ha riempito gli annali della Serie A con aneddoti e leggende metropolitane. A renderlo indimenticabile anche un accento nordico mai sparito del tutto, malgrado oltre secolo trascorso in Italia, dove una volta lasciato il mondo del calcio gestiva un'azienda vinicola a Cuccaro Monferrato. Ogni volta che da allenatore giallorosso veniva intervistato dalle allora ancora poco invadenti televisioni, "Il Barone" rispondeva immancabilmente con lo stesso incipit: "Roma jogato bene...".

Citatissimo, anche se probabilmente da verificare, l'episodio, risalente alla sua carriera da giocatore, che vuole l'intero stadio di San Siro applaudire a scena aperta il primo passaggio sbagliato dopo un'interminabile serie di partite giocate senza commettere neppure un errore.

Celebre era anche la sua scaramanzia e l'amore per lo zodiaco, e qui gli aneddoti si sprecano davvero. Le sue tasche, hanno raccontato in molti, traboccavano di corni, polveri magiche e zampe di gallina. Allo stesso modo la Roma sarebbe andata spesso in "pellegrinaggio" a Busto Arsizio, dove risiedeva il mago-astrologo Maggi, che pare gli abbia anche predetto la sconfitta nella finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool.

Ma ricordare solo gli aspetti folcloristici sarebbe riduttivo. Se Liedholm fu un grande in campo giocando un calcio oggi difficilmente comprensibile, fatto di lentezza e virtuosismi, forse ancora più importante è il segno lasciato in panchina. Fu uno dei primi a introdurre in Italia il gioco a zona, attirandosi all'inizio aspre critiche, poi spazzate via dalle splendide prestazioni della Roma di metà anni '80. Il gioco a zona, e cioè la marcatura non fissa sull'attaccante, fu osteggiata dagli italianisti come Gianni Brera, che pure lo apprezzava. Fu una piccola guerra di religione, che divise il calcio negli anni '80.

A Liedholm si deve inoltre anche il lancio in Serie A di un giovanissimo Carlo Ancelotti, appena prelevato dal Parma, e la consacrazione di Bruno Conti nell'Olimpo dei migliori giocatori italiani di tutti i tempi.

Poi la sua terza vita nel Monferrato, a produrre vini. Con l'ironia di sempre, e una certa nostalgia per il suo mondo.




Dal sito www.tgcom.it
5 novembre 2007

CALCIO: ADDIO A NILS LIEDHOLM
Il Barone ha fatto grandi Roma e Milan

Il calcio piange Nils Liedholm. Il 'Barone', nato in Svezia, ma praticamente sempre vissuto a Cuccaro, nel Monferrato, è scomparso all'età di 85 anni. Da calciatore formò lo storico trio con Gren e Nordhal che fece grande il Milan con il quale collezionò 359 presenze e 81 reti. Da allenatore, vinse due scudetti nel calcio italiano, uno con il Milan nel 1979 e l'altro con la Roma nel 1983. Allenò anche la Fiorentina.

Chi crede che anche nell'aldilà esistano i campi di calcio, probabilmente adesso penserà che il famoso trio Gre-No-Li si sia ricomposto mostrando il meglio del proprio repertorio anche da quelle parti. Gren e Nordhal sono stati raggiunti da Nils Liedholm, il Barone per eccellenza del calcio italiano, soprannome dovuto al suo stile impeccabile in qualsiasi situazione con la sua voce pacata e il suo passo sempre felpato, mai di corsa. Nils Liedholm è morto nella 'sua ' Cuccaro, nel Monferrato dove risiedeva, era malato da tempo e ultimamente le sue condizioni erano peggiorate ed ora, ma non muore di certo la sua leggenda, quella per la quale ha meritato la copertina del primo album delle figurine Panini nei primi anni sessanta, quella per la quale si era ritagliato un posto in primissima fila nella Hall of fame del calcio italiano e mondiale. E pensare che aveva iniziato con lo sci di fondo, tipico degli svedesi. La Svezia, il Milan, la Roma. Queste le tre tappe principali della sua vita calcistica. Con nazionale svedese fu vincitore dell'oro olimpico a Londra '48 e fu vice-campione del mondo nel 1958. Più due titoli nazionali in Svezia con il Norrkoping. Poi, un giorno, disse al padre: "Non ti preoccupare, vado in Italia, ma tempo un anno o due tornerò in Svezia". Non sapeva però che il nostro paese sarebbe diventato la sua seconda patria per i successivi 60 anni. Quattro scudetti negli anni '50 con la maglia del Milan. I rossoneri furono conquistati immediatamente da quel biondino e dal suo tocco di palla. Testa alta e passaggi tanto infallibili che un aneddoto racconta di un San Siro in piedi ad applaudire il giorno che ne sbagliò uno. Incredibile, ma è così. Centrocampista prima, libero poi, ma sempre efficace in entrambi i ruoli, una mutazione tattica che insegnò anche ai calciatori da lui allenati, uno su tutti Agostino Di Bartolomei, capitano giallorosso.

Poi, a 39 anni appese gli scarpini al chiodo e iniziò la carriera di allenatore con l'invenzione della famosa "ragnatela". Il Milan con la sua guida si cucì sul petto lo scudetto della "stella" nel 1979, mentre alla Roma regalò un titolo che mancava nella bacheca giallorossa dal 1942. Successi, ma anche delusioni cocenti come la finale di Coppa dei Campioni persa all'Olimpico dalla Roma contro il Liverpool nel 1984. Non ha mai saputo staccarsi troppo dal Milan e dalla Roma. ha allenato il Varese, il Monza, la Fiorentina, il Verona, ma alla fine è sempre tornato in quelle che ha sempre considerato le sue due grandi famiglie. Proprio alla Roma si è consumata l'ultima panchina nel 1997 e, sempre per i giallorossi ha vestito i panni del dirigente da consigliere d'amministrazione a consulente di mercato ruolo nel quale consigliò al presidente Sensi un ragazzino di belle speranze che giocava nel Malmoe e si chiamava: Zlatan Ibrahimovic, finito poi da tutt'altre parti e non a Trigoria.

Il Barone era geniale per le sue iperboli calcistiche in un misto di humor e saggezza. Fece diventare Mandressi "l'erede di Rensenbrink", Tosetto "il Keegan della Brianza", Gaudino "il nuovo Nordhal", Valigi "il nuovo Falcao". Già, proprio il brasiliano era stata la sua scoperta migliore e quello che tutt'ora può essere considerato il suo pupillo. "Come stai?" chiese a Falcao prima di una partita dopo che per tutta la settimana si era allenato poco per un infortunio. "Bene" rispose il brasiliano e la contro risposta di Liedholm fu geniale: "Bene, allora sarai in grado di salire le scale della tribuna". Perle ce ne sono a iosa di questo grande uomo che amava anche deliziare i cronisti presenti all'allenamento con una quantità di industriale di aneddoti. Svedese, quindi freddo, ma scaramantico più di un partenopeo. Aveva un mago di fiducia al quale si rivolgeva anche per fare la formazione, leggeva l'oroscopo e faceva notare che i grandi del calcio erano tutti della Bilancia, ovviamente il suo segno. Amava la buona tavola, ma anche il vino del quale ne era diventato produttore proprio a Cuccaro, nel Monferrato, dove è spirato. Mancherà a tutti il suo non parlare bene l'italiano nonostante i sessant'anni di permanenza nella penisola, mancherà il suo stile. Mancherà lui: il vecchio gentiluomo di Valdemarsvik.




Dal sito www.unionesarda.it
5 novembre 2007

CALCIO IN LUTTO: E' MORTO NILS LIEDHOLM, AVEVA 85 ANNI
Nils Liedholm, ex allenatore di Roma e Milan, ex calciatore, è morto questa sera all'età di 85 anni nella sua casa nel Monferrato, esattamente a Cuccaro, dove abitava da tempo e dove aveva creato una avviata azienda vitivinicola. Falcao: "Per me era un padre"


Addio Barone: Nils Liedholm è morto. L'ex tecnico del Milan e della Roma, di giocatori come Falcao, Conti, Ancelotti, è scomparso all'età di 85 anni a Cuccaro, nel Monferrato, dove viveva da tempo e dove produceva un ottimo vino. Liedholm era nato a Waldemarkvik, in Svezia, l'8 ottobre del 1922. Aveva esordito come centrocampista dello Sleipner Waldemarkvik e del Norrkoeping, con 23 presenze e 11 reti nella nazionale svedese tra il 1947 ed il 1958. Campione olimpico nel 1948 e secondo ai Mondiali del 1958, arrivò in Italia nel 1948 per giocare con il Milan fino al 1961: 359 partite e 81 gol in serie A. Vinse due scudetti con il Norrkoeping in Svezia e quattro in Italia (1950/51, 1954/55, 1956/57, 1958/59). Dopo l'ultima stagione da allenatore nel 1996-1997, passò al giornalismo come commentatore sportivo. E' stato giudicato il più forte giocatore svedese di tutti i tempi e per questo su di lui venne emesso un francobollo.

GRE-NO-LI. Insieme ai connazionali Gunnar Nordahl e Gunnar Gren formò il famoso trio detto Gre-No-Li, dalle iniziali dei loro cognomi, nella Svezia e (tra il 1949 ed il 1953) nel Milan. Poi è diventato un allenatore di successo: ha vinto due scudetti (Milan 1978/79 e Roma 1982/83) e tre coppe Italia (Roma 1979/80, 1980/81, 1983/84), ha guidato anche Verona, Monza, Varese e Fiorentina. Si era definitivamente trasferito a Cuccaro, nel Monferrato, dove il figlio gestisce un'azienda vinicola che produce un ottimo barbera.

FALCAO. "Gente come lui non dovrebbe sparire mai". Lo dice dal Brasile, Paolo Roberto Falcao all'Ansa: "Non ci sono parole, solo una grande, immensa sofferenza. È stato un padre per me, era uno che sapeva voler bene al naturale, con altruismo - ripete con un filo di voce il brasiliano da Porto Alegre - quante cose mi ha insegnato. Quando andai via da Roma gli regalai la mia maglietta numero 5 con questa dedica: la do a lei perché è stato lei a darla a me facendomi diventare quello che sono. So dal figlio Carlo che l'ha conservata come un oracolo, come una delle cose più belle della sua storia. Insomma, gli devo molto".

IL MILAN. "Il Milan piange la scomparsa di Nils Liedholm- si legge in un comunicato del club- il tecnico rossonero della Stella, protagonista insostituibile del leggendario trio Gre-No-Li, che si è spento all'età di 85 anni a Cuccaro, nel Monferrato, dove viveva. Con lui se ne va un pezzo enorme della storia del Milan, ma il suo ricordo rimarrà indelebile nel cuore di tutti i milanisti e degli appassionati di calcio".

LA ROMA. "Se ne va con lui un pezzo fondamentale della storia giallorossa - scrive l'As Roma sul suo sito internet - Il presidente Franco Sensi, l'Amministratore delegato Rosella Sensi, i dirigenti, lo staff tecnico, i calciatori e l'A.S. Roma tutta si stringono con profondo cordoglio ai familiari per la scomparsa di Nils Liedholm. Il Barone ha guidato la Roma per 12 anni e vinto da allenatore il campionato 1982/83".








I GIORNI SEGUENTI...



Dal sito www.acmilan.com
6 novembre 2007

SILVANO RAMACCIONI RICORDA
MILANO - Silvano Ramaccioni è stato prima avversario leale di Nils Liedholm, quando il Grande Svedese vinse la stella precedendo il Perugia del record di imbattibilità, e poi compagno di avventura dello stesso Barone negli anni (dal 1984 al 1987) in cui fu allenatore rossonero. Questa sera, dalle 19.00, in Stadio Milan pre-partita su Milan Channel, il team manager rossonero ricorderà la figura di Liddas in una intervista realizzata a Donetsk.

IL TRIBUTO UEFA A LIEDHOLM
MILANO - Il Presidente UEFA Michel Platini ha reso omaggio a Nils Liedholm, grande giocatore e allenatore svedese scomparso ieri all'età di 85 anni, queste le sue parole: "Nils Liedholm rimarrà per sempre nella memoria della grande famiglia del calcio come un essere umano straordinario, un grandissimo calciatore ed un illustre allenatore. A nome di tutto il calcio europeo, desidero porre alla famiglia sincere condoglianze". (uefa.com)

UN MINUTO DI SILENZIO PER IL BARONE
MILANO - Il Presidente Onorario UEFA Lennart Johansson, svedese come Liedholm, rappresenterà Platini in occasione dei funerali, in programma questa settimana. Liedholm era stato insignito del Premio alla Carriera UEFA nel 2003. Questa sera verrà osservato un minuto di silenzio prima della sfida di UEFA Champions League tra FC Shakhtar Donetsk e AC Milan ed entrambe le formazioni scenderanno in campo con il lutto al braccio. (uefa.com)

NILS LIEDHOLM: SVEZIA IN LUTTO
MILANO - Il presidente della Federcalcio svedese Lars-Ake Agrell ha rivolto un ultimo saluto a Nils Liedholm, nel giorno della sua scomparsa, definendolo "uno dei veri giganti del calcio svedese". Lagrell ha sottolineato come Liedholm abbia "significato moltissimo per il calcio svedese, sia in patria che all'estero".




Dal sito www.acmilan.com
8 novembre 2007

TUTTI A SALUTARE IL BARONE
Si sono tenuti questa mattina i funerali in memoria del Barone rossonero Nils Liedholm, presso la Parrocchia Santa Maria Assunta di Cuccaro. Tanti i personaggi accorsi a tributargli l'ultimo saluto.

CUCCARO (ALESSANDRIA) - Si sono tenuti questa mattina, alle ore 11.00, i funerali in memoria del Barone Nils Liedholm, presso la Parrocchia Santa Maria Assunta di Cuccaro (Alessandria).

A dare l'ultimo saluto all'enorme personaggio spirato all'età di 85 anni, in una soleggiata giornata autunnale, erano presenti tante figure illustri del calcio, del giornalismo e del mondo dello spettacolo e quasi tutto il paese di Cuccaro, con i suoi quattrocentocinquanta abitanti, dove viveva Liedholm.

In rappresentanza del Milan, era presente una delegazione composta da Carlo Ancelotti, Ariedo Braida, Paolo Maldini, Mauro Tassotti, Silvano Ramaccioni, Cesare Maldini, Franco Baresi e due giovani rossoneri della primavera di Filippo Galli. Tanti anche i tifosi con le sciarpe rossonere.

In rappresentanza della Uefa il presidente onorario Lennart Johansson, per la Figc, Demetrio Albertini, il C.T. azzurro Roberto Donadoni, tanti big come Roberto Pruzzo, Bruno Conti, Claudio Ranieri, Roberto Bettega, Angelo Peruzzi, Franco Tancredi, Nevio Scala, una delegazione dell'Hellas Verona, una della Fiorentina e una della formazione svedese del Norrkoping.

La cerimonia è durata quarantacinque minuti circa e si è conclusa con un lungo applauso in memoria di Nils Liedholm. Al termine il tecnico rossonero Carlo Ancelotti, è stato il primo ad uscire dalla parrocchia per abbracciare calorosamente i familiari del Grande Svedese: il figlio, i nipoti e la nuora.

La salma di mister Liedholm sara' tumulata al cimitero monumentale di Torino, accanto alla moglie Maria Lucia Gabotto.




Dal sito www.lastampa.it
9 novembre 2007 - di Fabrizio Pastore

L'ultimo Liedholm? "Lontano dal calcio"
Da ieri il Barone riposa a Torino, la città della moglie Nina. Assente Rivera, la commozione di Maldini Conti e Antognoni. Ma il paese ne traccia un ritratto inedito - Marco Ansaldo, inviato a Cuccaro Monferrato

Nils Liedholm riposa da ieri nel Cimitero Monumentale di Torino, la città cui lo legavano le origini della moglie, Nina Gabotto, contessa finita in sposa al «Barone», perché anche nei piccoli dettagli la vita di Liedholm si tingeva di ironia. Sul sagrato della chiesa settecentesca di Cuccaro, rattoppata dei danni del terremoto di sette anni fa, se ne ascoltavano di aneddoti su quell'uomo disincantato e geniale. Ciascuno li spargeva dal proprio sacchetto di esperienze. Quella volta che segnò Scarnecchia e lui commentò: «Scarnecchia bravo ma molto bravo Falcao che gli ha tirato palla contro caviglia, così lui fatto gol». Quell'altra che lo trovarono assorto davanti a un video di calcio africano, più di vent'anni fa, e lui spiegò che sarebbe stato il calcio del futuro, perché «per giocare bene serve la fame». Oppure la storia dell'unico rigore sbagliato perché quell'anima perfida di Lorenzi gli aveva piazzato mezzo limone sotto la palla che si impennò sulla traversa, e quando il Barone la raccontava molti pensavano che fosse una balla, invece era andata davvero così.

Si rincorrevano gli episodi di un altro calcio davanti alla bara di legno chiaro nella quale Liedholm se ne è andato, e dentro alla chiesa appesa sulla collina, dalla quale si vede nella foschia, in lontananza, la torretta di Villa Boemia «il posto in cui un uomo probo, pulito, ha voluto vivere in segreto la maturità della sua vita», ha detto il vescovo di Casale, monsignor Zaccheo che ha celebrato la messa insieme a don Germano Rota, il parroco di questo borgo sulla strada dei vini, barbera e grignolino, quelli che il Barone produceva nella sua azienda. Quando la signora Nina era viva, Nils l'accompagnava ogni giorno a fare spesa a Cuccaro, e una volta si era affacciato sul campetto proprio sotto la chiesa, dove ieri si parcheggiavano le auto. «Fu quando Paolo, suo nipote, venne a giocare una partita tra ragazzini con il Casale», racconta un paesano. Rimasto vedovo lo si vedeva assai meno, una volta ebbe un malore in chiesa e lo portarono via con l'ambulanza: i vicini capirono che se ne stava andando.

Comunque in paese non parlava molto di calcio e la gente delle colline ha ancora il pudore di fare domande, anche se qui i milanisti sono tanti, perché nel Milan ci ha giocato Rivera mica perché l'ha comprato Berlusca. Rivera stranamente non c'è al funerale. E nemmeno il Cavaliere né Galliani, sebbene sui muri i manifesti a lutto esternino il cordoglio per la scomparsa del «primo della meravigliosa stirpe di capitani che ha fatto grande la Società». L'aulico Milan. Ci sono Braida e Ramaccioni e poi i ragazzi quarantenni: Donadoni, Ambrosini, Evani, Collovati, Franco Baresi, Tassotti e Ancelotti comparso a funzione quasi conclusa maledicendo la Torino-Piacenza «perché non si va avanti». Ci sono Maldini figlio e padre («Grande centrocampista, correva tantissimo e tirava fortissimo», il ricordo di Cesarone). C'è la Roma dei Pruzzo, Giovannelli, Bruno Conti con gli occhi umidi («per me è stato tutto») e Claudio Ranieri, un altro allievo, e Pessotto. Dalla Svezia insieme alle corone di molti club è arrivato l'ex presidente dell'Uefa, Johansson, e, tra i fiori, un bouquet di Antonello Venditti. Ecco Peruzzi che Liedholm fece esordire a San Siro il giorno del petardo scoppiato vicino a Tancredi e Antognoni che sospinse in serie A, e questa volta non era una questione di esplosivi.

«Il Barone aveva l'intuito per i giovani e la pazienza di migliorarli - dice Roberto Bettega -: mi portò al Varese ed ebbe il coraggio di lanciarmi. Un giorno mi disse se vado alla Juve tu vieni con me: invece a fine stagione io tornai a Torino e la Juve prese Picchi. Ma credo che Boniperti avesse davvero pensato a lui». Sarebbe cambiata la storia del calcio.








RICORDI DI NILS...



Dal sito www.barforzalupi.it
di Franco Bovaio

NILS LIEDHOLM: IL PIU' GRANDE
ADDIO, MISTER!

Nils Liedholm, nato in Svezia, era ormai un italiano vero, visto che da quando era arrivato nel nostro Paese la prima volta nel 1949 per giocare nel Milan non se ne era più andato. Viveva a Cuccaro Monferrato, nella sua Villa Boemia, dove con il figlio Carlo gestiva un'azienda vinicola, produttrice tra gli altri del celebre Grignolino, un vino il cui nome ricorda il trio svedese delle meraviglie che costituì nel Milan insieme a Gren e Nordhal. In rossonero giocò fino al 1961 per un totale di 359 partite, 81 gol e 4 scudetti.
Con la nazionale svedese giocò 23 partite con 11 gol, vinse un oro olimpico nel 1948 e arrivò secondo ai Mondiali di Svezia del 1958 contro il Brasile del giovane Pelè. Smesso di giocare iniziò la carriera di allenatore, che gli dette le sue gioie maggiori nella Roma (sulla panchina della quale è rimasto per un totale di 12 stagioni suddivise in 4 fasi) e nel suo vecchio Milan (guidato per 8 campionati). In giallorosso vinse lo scudetto dell'82-83, disputò la finale di Coppa Campioni 1983-84 col Liverpool e conquistò e 3 coppe Italia. Nel ' 79-80, i giallorossi superano ai rigori (5-3) il Torino nella finale. Uno dei rigori fu calciato da Ancelotti, uno dei suoi allievi prediletti. La Roma aveva battuto il Milan nei quarti: 4-0 a San Siro, 2-2 all' Olimpico (con gol del rossonero Capello). Nell' 80-81: Roma e Torino si ritrovano in finale. Doppia, questa volta: 1-1 all' Olimpico (gol di Ancelotti); 1-1 a Torino. I rigori premiano ancora i giallorossi e Ancelotti calciò ancora in rete il suo, con Falcao che segnò quello decisivo. Nell' 83-84: la Roma sollevò la coppa Italia dopo aver battuto il Verona di Bagnoli in finale: 1-1 al Bentegodi, 1-0 all' Olimpico con autogol di Ferroni.
Col Milan conquistò lo scudetto della stella nel 1979. Vinse il Seminatore d'Oro nel 1975 e nel 1983 e si sedette anche sulle panchine di Verona, Varese, Fiorentina e Monza. Scaramantico e amante della battuta, introdusse il gioco a zona in Italia nel 1979 con la Roma del doppio libero Turone-Santarini. Ci ha lasciato lo scorso 5 novembre tra il cordoglio generale. Con lui se ne è andato un pezzo importante del nostro calcio e una persona elegante, buona, educata e mai supponente o altezzosa in virtù del ruolo pur importante che la vita gli aveva assegnato. Quando lo chiamavi lui rispondeva sempre al telefono senza porre barriere tra se e quel mondo esterno che lo adorava o usare numeri segreti o inarrivabili. Per trovarlo bastava chiamarlo a casa, come si fa con ognuno di noi. Questa era la sua forza: essere rimasto sempre quel ragazzo gentile e disponibile che venne in Italia nel 1949 dalla natia Svezia. Un campione in campo e nella vita. Ciao Liddas, ci manchi molto.




Dal sito www.ilveromilanista.it
di Giuseppe di Maio

FAI BUON VIAGGIO BARONE
Ero pronto, come ogni lunedì del resto, nel contribuire al buon "andamento" di questo stimabile sito web, fornendo del mio articolo del lunedì la rubrica "Primo Piano". Una rubrica che parla di attualità rossonera...calcio giocato, vicissitudini in campo e fuori...ma mai avrei immaginato di dover essere io a porgere umilmente l'ultimo saluto al barone Nils Liedholm. Mi faccio comunque carico di questo pesante fardello, che io considero comunque un onore, e mi sento di parlare a nome di tutti i lettori de "Il Vero Milanista". Qui oggi i risultati dei ragazzi li lasciamo decisamente in secondo piano, ora abbiamo il dovere e il diritto di dipingere un pezzo pesante della storia Rossonera. Nils Liedholm è scomparso oggi nella sua tenuta di Cuccaro, nel Monferrato, all'età di 85 anni dopo aver combattuto a lungo con la malattia che da tempo lo attanagliava. Un uomo di poche parole, ma quando usciva allo scoperto con le sue dichiarazioni lasciava sempre il segno per via della sua verve assai umoristica. Nato in Svezia l'8 ottobre del 1922, ha preso parte a molti successi della società rossonera sia da giocatore che da allenatore. Insieme a Nordhal e Gren forma infatti il mitico Gre-No-Li, il trio che ha fatto impazzire tutta Europa a cavallo fra gli anni cinquanta e sessanta. Dopo aver vinto cinque dei diciassette scudetti totali della storia rossonera, il Barone prende quel posto che tutti gli avevano predetto fin da giocatore, diventando l'allenatore del Milan. Un sogno per tutti che si realizza per il grande primo Capitano che noi tutti abbiamo avuto.
Da allenatore Nils Liedholm si rende protagonista della scudetto della stella, trofeo al quale ambiva da sempre il Paron Nereo Rocco, scomparso nel febbraio del '79 proprio quando era consulente tecnico del Barone. A fine partita, a scudetto ormai conseguito, le braccia al cielo e una frase sibillina arrivata dritta a destinazione: "Caro Paron, te l'avevo detto che ci avremmo pensato noi...".
La storia di questo indimenticato e indimenticabile totem non finisce certo lì sul prato di San Siro: dopo aver conquistato lo scudetto con la Roma, e lanciato nel mondo del calcio la bandiera delle bandiere, Franco Baresi, si e ci fregia dell'onore di aver scoperto e dato fiducia a giocatori che rispondono al nome di Carlo Ancelotti (nella foto con Liedholm ai tempi della Roma) e Paolo Maldini. Mitica a dir poco la frase nel dopo partita di Udinese-Milan nel gennaio del 1985, quando fa debuttare l'allora diciassettenne Paolo Maldini: "E' bravo il figlio di cesare, ha personalità...". Una frase che sembrò come manna dal cielo, come una benedizione per quel fuoriclasse che poi diventò Paolo. Proprio come lui, un centrocampista dai piedi vellutati, e anche abbastanza realizzative.
In 359 presenze sono ben 81 le reti realizzate dal Barone che si ritira dal calcio giocato all'età di 39 anni nel 1961, e iniziando la carriera d'allenatore poco dopo nel 1963. Lascia a noi tutti un tremendo vuoto, era da un po' di tempo che non lo si vedeva più, a parte in una recente visita alla "Gazzetta". Oltre ad un grande giocatore, ad un allenatore mai fuori le righe, ci lascia un uomo saggio e dalla rettitudine incallita, la cui classe ed eleganza hanno fatto avvicinare in molto al mondo del calcio, in particolare a quello rossonero. Le parole ormai lasciano il tempo che trovano, cedendo spazio allo sconforto e agli occhi lucidi e gonfi di lacrime. Il Milan questa sera giocherà con il lutto al braccio onorando la memoria di un uomo importante della sua infinita storia che vola in cielo lasciandoci un vuoto incolmabile. Il Barone non c'è più fisicamente ma noi lo avvertiremo sempre tra noi...per Lui ci sarà sempre uno spazio nella Scala del Calcio, quella che è stata la sua casa. Ciao Barone...fai buon viaggio...

"Di molti calciatori, allenatori, ex milanisti, uomini di sport, quando ci lasciano resta il ricordo. Di Liedholm resta e resterà qualcosa di più, come una magia, uno stile, una presenza...un soffio di vento da respirare ogni volta che il nostro Milan, che in fondo è anche il suo, entrerà in campo. Ciao Nils, vero uomo, vero milanista". (Luca Rosia direttore "Il vero Milanista")




Dal sito www.lungotevere.net

QUANDO IL BARONE CI INSEGNAVA A JOCARE
Roma, 6 novembre - Ci sono giorni in cui i coccodrilli vorresti vederli ricamati sulle magliette, o al limite ripresi in qualche documentario, mai stampati con l'inchiostro. Eppure te li aspetti. Li cerchi quasi, contravvenendo a quei pizzichi che senti nello stomaco. Vuoi leggere, capire e carpire da chi ha avuto la fortuna di conoscere il Barone, prima di scrivere...
Il tuo ricordo è in un'immagine televisiva o in una foto, non hai esperienze dirette, se non quelle da tifoso in fase embrionale. Senti ugualmente che con Nils se n'è andata anche una parte di te, quella del bambino che cominciava ad innamorarsi di un pallone. Però non ti rattristi: ti torna in mente quell'omone elegante con la battuta sempre pronta e il sorriso sornione stampato sul viso, mentre l'etere diffonde la sua voce che storpiava con impareggiabile simpatia l'italiano. Perché per lui il calcio era davvero un "joco".
E come ogni gioco richiedeva riti e miti. Nel suo caso, scaramanzie portate all'eccesso, più adeguate ad un uomo del profondo Sud che ad uno svedese, come i lunghi viaggi cui costringeva le sue squadre, o gli amuleti, o le visite a maghi e santoni. E racconti che sfioravano il grottesco quando parlava della sua straordinaria carriera sportiva, con un narcisismo che non sconfinava mai nella presunzione, o quantomeno non in quella insopportabile. Un po' perché immenso lo è stato davvero, da calciatore come da allenatore, e un po' perché le sue parole erano colorate da ironia e gusto per il paradosso. A chi gli chiedeva quale fosse stata la sua miglior partita, rispondeva "quella in cui ho marcato Alfredo Di Stefano"; e se la scontata replica era "ma l'argentino quella volta segnò tre gol", lui ribatteva "sì, ma ha toccato solo tre palloni". E via così, snocciolando espressioni iperboliche rimaste scolpite nella memoria: "si joca meglio in dieci che in undici", "abbiamo preso quel jocatore perché sa fare tutto: jocare a destra, a sinistra, al centro, stare in panchina o in tribuna". Oppure cadenzando aneddoti che sfioravano il surreale, come quando raccontava di aver salvato un aereo dalle fiamme, o di essersi tolto le tonsille da solo. Tutto scandito con calma, dal tono di voce delle interviste al gioco delle sue squadre, fatto di un'infinita serie di passaggi e ribattezzato non a caso ragnatela, perché "se noi abbiamo la palla, difficilmente gli avversari fanno gol". Lapalissiano e allo stesso tempo geniale, tanto da vantare innumerevoli tentativi d'imitazione negli anni a seguire. Ma senza il suo aplomb, senza la classe di un atleta che in campo era stilisticamente perfetto (si narra che quando sbagliò il primo passaggio dopo due anni, l'intero stadio gli dedicò un'ovazione) e in panchina era un maestro, avendo anche lanciato, tra gli altri, Antognoni, Conti e Maldini, mica gente qualunque. Eppure per lui tutto era joco, com'era giusto che fosse. Allora te lo immagini sorridente, con lo zuccotto di lana a strisce giallorosse sulla testa, come un tifoso qualsiasi.
Ti estranei dall'ascolto e vedi tutto quello che accompagnava il magico joco quando eri bambino: bandiere, stadio scoperto, numeri dall'1 all'11. E ti rimbombano nelle orecchie i boati, i Picchia Sebino, gli Agostino gol, i C'è solo un Brunoconti, i Lode a te Roberto Pruzzo. O, sofferente da casa, le voci di Tutto il calcio minuto per minuto a farti trepidare per un'interruzione dal "tuo" campo, e immaginare col massimo sforzo di fantasia azioni mai esistite. Ti viene in mente in quell'istante che con Liddas se n'è andato anche Bortoluzzi. Come a voler chiudere un'epoca, il destino certe volte crea strani incroci...
Poi ti risvegli dai ricordi e pensi che quel joco ti ha fatto sognare e sentire per la prima volta grande, anche se bambino. Ascolti quella poesia musicata da De Gregori e ti convinci che se "La storia siamo noi", noi che prima non lo eravamo stati mai, lo dobbiamo soprattutto al Barone. A lui, ad Ago e a Dino. Da ora di nuovo tutti e tre insieme, per insegnarci ancora a jocare.




IL BARONE FUORICLASSE IN CAMPO E FUORI
La Svezia, il Milan poi, da allenatore, la Roma. Questa la parabola nel calcio del Barone, campione di stile in campo e fuori, vincitore da giocatore dell'oro olimpico a Londra '48 e di quattro scudetti negli anni '50 con il Milan. Vice-campione del mondo nel 1958 con la Svezia, la sua immagine venne scelta per la copertina del primo album dei calciatori Panini, quello del campionato '60-'61. Da allenatore diede al Milan lo scudetto della stella, nel 1979, e poi alla Roma il suo secondo, storico, tricolore, nel 1983. La delusione piu' grande arrivo' l'anno dopo, quando la Roma perse ai rigori la Coppa Campioni con il Liverpool. Ma Liedholm sara' sempre ricordato per la sua classe, l'innata eleganza in campo e fuori, quel modo di fare che lo fece appunto diventare il Barone e che fece in modo di fargli chiudere la sua ventennale carriera di calciatore senza mai essere stato ammonito. Aveva cominciato da bambino, alternando il pallone allo sci di fondo. Liedholm era conosciuto, e in fondo anche amato, anche per il gusto dell'iperbole e dei paragoni perlomeno arditi: divenne famoso per essere l'elemento fondamentale del Gre-No-Li, il trio con Nordahl e Gren, ma anche, quando poi fu tecnico, per aver fatto diventare Mandressi ''l'erede di Rensenbrink'', Tosetto ''il Keegan della Brianza'', il carneade Gaudino ''il nuovo Nordhal'', Valigi ''il nuovo Falcao''. Piccole perle di una carriera e di un humour inimitabili. Al Milan arrivo' dopo i Giochi del '48 su consiglio di Nordahl che con lui aveva giocato nel Norrkoepping e vinto due titoli svedesi. Conquisto' subito San Siro, grazie al suo tocco di palla, quel suo giocare sempre a testa alta (tanti anni dopo si rivedra' in Antognoni), i suoi infallibili passaggi. Amava raccontare che la prima volta che ne sbaglio' uno, dopo due anni, tutto il pubblico dello stadio milanese si alzo' in piedi e lo applaudi'. Gioco' da centrocampista e poi un anno da libero vincendo in entrambi i ruoli. Ricreo' questa mutazione tecnica in un altro dei calciatori in cui si rivide, quell'Agostino Di Bartolomei indimenticabile capitano di quella Roma che vinse grazie alla ragnatela inventata dallo svedese. Che pur vivendo per mezzo secolo nel suo paese d'adozione non era mai riuscito ad impararne bene la lingua. Il vecchio gentiluomo di Valdemarsvik, che continuava a fare da lontano il consulente della Roma (Ibrahimovic, ai tempi in cui giocava nel Malmoe, il suo ultimo consiglio al presidente Sensi, che purtroppo per la Roma non gli diede retta) se l'era cavata molto meglio come produttore di vino, imbottigliato nei suoi vigneti di Cuccaro, in Piemonte. Amava la buona tavola, Lidas, ed era piu' scaramantico di un napoletano. Aveva un mago di fiducia, che consultava prima di match importanti e dal quale portava i giocatori. Credeva nell'oroscopo e con una punta di civetteria faceva notare che molti grandi calciatori erano del segno della Bilancia (come lui) o comunque nati nel mese di ottobre, e faceva sempre quattro esempi: se stesso, Falcao (suo pupillo prediletto), Pele' e Maradona.

CON LUI ADDIO A GRE-NO-LI, SPAVENTO' BRASILE
Con Liedholm scompare l'ultimo componente del famoso trio Gre-No-Li, dalla parte iniziale del cognome di tre famosi calciatori svedesi: Gunnar Gren, Gunnar Nordahl e Nils Liedholm, che formarono un celebrato trio nella Svezia e nel Milan degli anni cinquanta. I tre facevano parte della nazionale svedese che vinse l'oro alle Olimpiadi di Londra, nel 1948, battendo in finale la Jugoslavia per 3-1 con due gol di Gren e uno di Nordahl. Invece, nella famosissima finale del mondiali di Svezia, giocata a Stoccolma il 29 giugno 1958 e vinta per 5-2 dal Brasile del giovanissimo Pele', c'erano ancora Gren e Liedholm, mentre Nordahl aveva lasciato gia' da tempo la nazionale. La formazione di quella Svezia era: Svensson, Bergmark, Axbon, Borjesson, Gustavsson, Parling, Hamrin, Gren, Simonsson, Liedholm, Skoglund. Liedholm segno' il primo gol svedese, mentre il secondo fu opera di Simonsson. Di quella squadra giocarono a lungo in Italia anche Skoglund (soprattutto nell'Inter) e Hamrin (che allora giocava nel Padova ma che gioco' soprattutto nella Fiorentina). Nella rosa di quella nazionale c'erano anche altri italiani: 'Raggio di luna' Selmosson (che giocava nella Lazio e che poi passo' anche alla Roma) e il meno conosciuto Bengt Gustavsson, che giocava nell'Atalanta.

GALLIANI, MILAN DOMANI CON LUTTO AL BRACCIO
"Con Liedholm se ne e' andato un pezzo di storia della nostra società": cosi' Adriano Galliani, vicepresidente e amministratore delegato del Milan, ha commentato con profonda commozione la notizia della morte di Nils Liedholm. "Il Milan, domani sera, - ha aggiunto Galliani, durante l'allenamento dei rossoneri sul campo dello Shakhtar - giochera' con il lutto al braccio, e nella tradizionale riunione Uefa di domattina chiederemo ufficialmente al delegato che prima dell'inizio della gara venga osservato un minuto di silenzio in memoria di questo grande uomo del calcio".

MILAN, SE NE VA PEZZO ENORME NOSTRA STORIA
Il Milan piange la scomparsa di Nils Liedholm, il tecnico rossonero della Stella, protagonista insostituibile del leggendario trio Gre-No-Li, che si e' spento all'eta' di 85 anni a Cuccaro, nel Monferrato, dove viveva. "Con lui - scrive il sito della societa' rossonera - se ne va un pezzo enorme della storia del Milan, ma il suo ricordo rimarra' indelebile nel cuore di tutti i Milanisti e degli appassionati di calcio".

RIVERA, 'UN MAESTRO, ALLENAVA GIA' DA GIOCATORE'
"Sono tra i pochi che puo' ricordarlo anche da giocatore, nel senso che il mio primo anno a Milano l'ho fatto con lui che stava chiudendo la sua carriera. Mi ha aiutato e si metteva a disposizione, creava la condizione per stare bene e conoscere l'ambiente. Era gia' allenatore in quel momento. Era una persona che privilegiava, pur essendo apparentemente un freddo, i rapporti umani". Ricorda cosi' Nils Liedholm l'ex stella del Milan e della nazionale Gianni Rivera poco dopo aver appreso la notizia della morte del suo ex allenatore e anche compagno di squadra per un solo anno, l'ultimo della carriera del Barone. "Aveva sentimenti - aggiunge Rivera - e privilegiava i rapporti umani ancor prima di quelli tecnici. Direi che e' questo il ricordo migliore". Quanto perde il calcio? "Il calcio lo aveva gia' perso. Lo ha perso prima di tutto come calciatore e poi come allenatore. La vita e' cosi' purtroppo, va avanti..." "L'ho visto - conclude Rivera - l'ultima volta qualche anno fa. Poi lui stava tanto male ed e' andato a vivere in campagna dove aveva l'azienda e poi ci siamo persi".

Berlusconi: 'campione, signore ed amico'
ROMA - "Ci ha lasciato un grande della storia del Milan: un campione, un signore, un amico. Ricordo delle sue prestazioni senza un solo errore. Grazie Nils, per tutto quello che hai fatto per noi". Così Silvio Berlusconi ricorda Nils Liedholm, scomparso oggi ad 85 anni nella sua casa di Cuccaro, in provincia di Alessandria. Liedholm, da giocatore ha vinto quattro scudetti con il Milan, e da allenatore ha firmato il decimo successo rossonero in campionato, lo scudetto della stella.

Roma, pezzo fondamentale della nostra storia
ROMA - "Se ne va con lui un pezzo fondamentale della storia giallorossa": lo scrive l'As Roma sul suo sito internet manifestando il cordoglio per la morte di Niels Liedholm. "Il presidente Franco Sensi, l'Amministratore Delegato Rosella Sensi, i dirigenti, lo staff tecnico, i calciatori e l'A.S. Roma tutta - è scritto - si stringono con profondo cordoglio ai familiari per la scomparsa di Nils Liedholm". "Il 'Barone' - si conclude il messaggio - ha guidato la Roma per 12 anni e vinto da allenatore il campionato 1982/83".

Viola Jr., sapeva pensare a calcio piu' bello
ROMA - "Non è retorica, ma per la famiglia Viola l'incontro con Nils ha significato una crescita decisiva: abbiamo veramente avuto la fortuna di incontrarlo". Riccardo Viola, figlio del grande Dino presidente della Roma dello scudetto 82-83 è commosso alla notizia della scomparsa dello svedese. "Tutti quelli che lo hanno conosciuto sono cresciuti con lui - ripete - la sua capacità di sdrammatizzare, di pensare ad un calcio più bello e credibile restano immagini forti. I ricordi sono tanti, ma quello che mi è più caro è il profondo rispetto che tutti avevano per lui", ha chiuso con dolore Viola.

Falcao: 'un padre, mi ha dato vita calcistica'
ROMA - "Gente come lui non dovrebbe sparire mai". Sospira dal Brasile, Paolo Roberto Falcao e non vorrebbe aggiungere altro "perché non ci sono parole, solo una grande, immensa sofferenza". "E' stato un padre per me, era uno che sapeva voler bene al naturale, con altruismo - ripete con un filo di voce il brasiliano da Porto Alegre - quante cose mi ha insegnato... Quando andai via da Roma gli regalai la mia maglietta numero 5 con questa dedica 'la do a lei perche' è stato lei a darla a me facendomi diventare quello che sonò. So dal figlio Carlo che l'ha conservata come un oracolo, come una delle cose più belle della sua storia. Insomma, gli devo molto", ripete Falcao.




IL MONDO DELLO SPORT RICORDA L'ALLENATORE SCOMPARSO
Zoff: «Faceva giocare bene a calcio». «Va via un pezzo di storia del calcio. E' stato sempre un signore».
Rivera: «Con lui tutti erano a proprio agio»


ROMA - Uno dei primi a commentare la morte di Nils Liedholm è stato Dino Zoff che ha ricordato l'allenatore dicendo che con lui «se ne va un pezzo di storia del calcio. Un pezzo del cuore del grande Milan, insieme a Gren e Nordahl, poi una splendida carriera alla Roma da allenatore. È stato sempre un signore, con un comportamento esemplare. Sul campo, da allenatore, gli piaceva far giocare bene le squadre».
RIVERA: «METTEVA TUTTI A PROPRIO AGIO» - Gianni Rivera, uno tra i pochissimi ad averlo avuto come compagno di squadra e poi come allenatore ricorda che «faceva di tutto per mettere gli altri a proprio agio, giovani o anziani del gruppo. Anzi, era lui il primo a mettersi a disposizione degli altri per cercare di creare l'ambiente ideale. Passò subito alla panchina e per poco non vincemmo lo scudetto. Purtroppo poi Liedholm si ammalò, ricordo che si trattò di un'epatite, e non potemmo proseguire con lui quella stagione». Indelebile, poi, per Rivera il ricordo dello scudetto rossonero della stella, quello conquistato alla fine della stagione 1978-79. «Io non giocai molto per via di un infortunio e Liedholm, senza attaccanti, si inventò una squadra di mezze punte. Fece di necessità virtù».
FALCAO: «PERDO UN PADRE» - «Gente come lui non dovrebbe sparire mai». E' stato uno dei più commossi Paolo Roberto Falcao nel parlare di Liedholm e non vorrebbe aggiungere altro «perché non ci sono parole, solo una grande, immensa sofferenza». «È stato un padre per me, era uno che sapeva voler bene, con altruismo - ripete con un filo di voce il brasiliano da Porto Alegre - quante cose mi ha insegnato... Quando andai via da Roma gli regalai la mia maglietta numero 5 con questa dedica "la do a lei perché è stato lei a darla a me facendomi diventare quello che sono. So dal figlio Carlo che l'ha conservata come un oracolo, come una delle cose più belle della sua storia. Insomma, gli devo molto», ha concluso Falcao.
MAZZONE: «PERSONA ECCEZIONALE» - Il ricordo di Carlo Mazzone parte dalla sua testimonianza diretta: «Eravamo spesso insieme nello stesso albergo e nei momenti difficili era caro con me. Ricordo che è stato uno dei primi ad offrire un calcio di qualità con la sua Roma e con Falcao. Quando ci lascia un personaggio così si va indietro ai ricordi belli. Ho avuto il piacere di conoscerlo ed è sempre stata una persona eccezionale, non solo come allenatore ma anche come uomo».
PRUZZO: «RISOLVEVA SEMPRE I PROBLEMI» - « Roberto Pruzzo, centravanti della Roma nel 1983 quando i giallorossi conquistarono lo scudetto sotto la guida di Liedholm ha detto che «il tecnico svedese sapeva risolvere i problemi e aveva la capacitá di stemperare la tensione in ogni circostanza. Speravamo potesse riprendersi, lo abbiamo sperato fino alla fine. Temo abbia sofferto molto, credo che questi ultimi anni siano stati molto duri».
BERLUSCONI: «UN GRANDE» - Anche Silvio Berlusconi ha ricordato l'allenatore scomparso: «Ci ha lasciato un grande della storia del Milan: un campione, un signore, un amico. Ricordo delle sue prestazioni senza un solo errore. Grazie Nils, per tutto quello che hai fatto per noi».



"UN PADRE E UN MAESTRO". IL CALCIO PIANGE NILS LIEDHOLM
ROMA - Per Falcao era "un padre". Rivera lo ricorda come "un maestro" e Berlusconi, parlando da presidente del Milan, parla di lui come di "un grande che ha fatto la storia della squadra". Domani sera, alla Champions League, il Milan giocherà con il lutto al braccio.

"Grazie Nils per tutto quello che hai fatto per noi". Lo sfogo di Silvio Berlusconi è spontaneo e sincero: "Ci ha lasciato un grande della storia del Milan: un campione, un signore e un amico. Ricordo delle sue prestazioni senza un solo errore".

Con Gianni Rivera, Liedholm giocò un solo anno, poi divenne il suo allenatore: "Il mio primo anno a Milano l'ho fatto con lui che stava chiudendo la carriera. Mi ha aiutato e si metteva a disposizione, creava la condizione per stare bene e conoscere l'ambiente. Era già allenatore in quel momento. Pur essendo apparentemente un freddo, era una persona che privilegiava i rapporti umani".

Dal Brasile, l'indimenticata stella della Roma Paolo Roberto Falcao, paragona Nils ad un padre: "Gente come lui non dovrebbe sparire mai. Non ci sono parole: solo una grande, immensa sofferenza. E' stato un padre per me, era uno che sapeva voler bene al naturale, con altruismo - ripete con un filo di voce il brasiliano da Porto Alegre - quante cose mi ha insegnato... Quando andai via da Roma gli regalai la mia maglietta numero 5 con questa dedica 'la do a lei perché è stato lei a darla a me facendomi diventare quello che sono. So dal figlio Carlo che l'ha conservata come un oracolo, come una delle cose più belle della sua storia".

Un'altra bandiera della Roma, Giancarlo De Sisti, piange l'ex allenatore: "Mi ricordo quando mi incitava a giocare nonostante una caviglia dolorante: Jancarlo, ricordati: meglio un cavallo zoppo che un asino sano..., mi diceva". Giocò con Liedholm per 5 anni in giallorosso: "Quando parlava alla squadra - ricorda l'ex regista - mi diceva sempre con suo accento inconfondibile: Jancarlo, tu sei sempre il più attento di tutti. Anche se ti va male la caviglia jochi tu, altrimenti c'è Negrisolo...', mi aggiungeva a parte. E io gli rispondevo: 'Mister, su 100 cose che dice, tra battute, scherzi, cose che già so, 98 non mi servono. Ma quelle 2 che restano, quelle sì, quelle le metto da parte".

Un altro vecchio del calcio, Azeglio Vicini allenatore dell'Italia ai Mondiali '90, ricorda l'amico con parole commosse: "Fu un grande campione, un uomo mai coinvolto in alcun scandalo, uno sportivo esemplare. Ha fatto sempre parlare bene di sè ed ha fatto bene al calcio italiano e mondiale".

La notizia della scomparsa del Barone è piombata a Donetsk in Ucraina dove il Milan si prepara alla partita di Champions League contro lo Shakhtar. Il tecnico rossonero Carlo Ancelotti lo ricorda "con affetto e ironia, come del resto è stata tutta la sua vita. Per me è stato un grande maestro e non potevo trovare miglior persona per cominciare la carriera da calciatore. Se in questo calcio ci fossero tanti Liedholm, sarebbe un calcio migliore".

Messaggi di cordoglio sono comparsi anche sui siti della Juventus e dell'Inter. "Nils - scrivono i tifosi bianconeri - fu campione sul campo e in panchina, avversario sempre corretto e leale". E l'Inter aggiunge: "Fu avversario leale e uomo di sport". Cordoglio anche dalla Fiorentina, allenata da Liedholm per due stagioni nel 1971/72 e nel 1972/73: "Un grande del calcio di tutti i tempi".




LIEDHOLM: L'ADDIO DEGLI ADDETTI AI LAVORI

Roberto Pruzzo (capocannoniere serie A 1981, 1982, 1986)
"Mi ha apprezzato come uomo e come calciatore. Avevo un feeling particolare con lui, mi sono sempre trovato benissimo. Sapeva risolvere i problemi, aveva la capacitá di stemperare la tensione in ogni circostanza. Speravamo potesse riprendersi, lo abbiamo sperato fino alla fine. Temo abbia sofferto molto, credo che questi ultimi anni siano stati molto duri".

Carlo Mazzone
"Quando ci lascia un personaggio così si va indietro ai ricordi belli. Ho avuto il piacere di conoscerlo ed è sempre stata una persona eccezionale, non solo come allenatore ma anche come uomo. Sono stato suo avversario e ho lavorato insieme a Liedholm quando ero alla Roma, insieme alla famiglia Sensi. Ho avuto la possibilità di scoprire dietro un grande allenatore un grande uomo, una persona meravigliosa. Eravamo spesso insieme nello stesso albergo e nei momenti difficili era caro con me. Ricordo che è stato uno dei primi a offrire un calcio di qualità con la sua Roma e con Falcao".

Sito ufficiale Milan
"Con lui se ne va un pezzo enorme della storia del Milan. Il Milan piange la scomparsa di Liedholm, il tecnico rossonero della Stella, protagonista insostituibile del leggendario trio Gre-No-Li. Il suo ricordo rimarrà indelebile nel cuore di tutti i Milanisti e degli appassionati di calcio".

Giacomo Losi (ex nazionale, capitano della Roma anni '60)
"Era davvero un barone, come veniva soprannominato, un innamorato del calcio e della lealtà in campo. Ci giocai contro negli anni Cinquanta e Sessanta quando era al Milan. Non aveva un ritmo eccezionale, forse era il meno tecnico del trio Gre-No-Li però aveva un'intelligenza sopra la media".

Giorgio Rossi (ex massaggiatore Roma)
"Aveva il rispetto di tutti. Proprio oggi a Trigoria parlavamo di Nils. Lo avevo sentito di recente, era una persona eccezionale. Io ho ricordi eccezionali: aveva un carisma incredibile, sembrava un buono ma era capace di tenere in mano la situazione come nessun altro. Ricordo una volta in cui Falcao era stato male tutta la settimana e non si era allenato. Lui gli chiese come si sentisse, il brasiliano rispose: 'Benè. Liedholm disse: 'Allora puoi fare le scale per andare in tribuna'...".

Aldo Maldera (ex terzino Milan e Roma)
"Per me era un secondo padre. Gli devo tutto, era un grande. Sono contento di aver potuto incontrare una persona così stupenda, capace di voler bene a tutta la mia famiglia, non solo a me. A questo uomo devo tanto. Non mi ha solo realizzato nel lavoro, facendomi vincere i miei unici due scudetti, ma mi ha cresciuto sin da bambino e mi è stato vicino al momento della separazione dalla mia prima moglie".

Paolo Rossi
"Mi dispiace tantissimo. Ci lascia una persona straordinaria. Un vero signore, come personalità e come modo di esprimersi, mai una parola fuori posto. Ho avuto Liedholm al Milan come allenatore e lo ricordo come una persona straordinaria, ho un ricordo bellissimo. Una grande perdita".

Francesco Graziani
"Non parlava molto, si faceva capire però con i gesti e gli occhi. E con le sue battute ti faceva capire se giocavi o meno. In un anno (1983-84 ndr) non ho potuto costruire un grande rapporto con lui, però la sua morte mi ha colpito molto. Come allenatore faceva migliorare tecnicamente anche i giocatori arrivati perchè pretendeva un gran lavoro sui fondamentali: spero non abbia sofferto e sia morto in pace".

Fiorentina
"La Fiorentina, il Presidente, il consiglio d'amministrazione, la societá, lo staff tecnico e tutta la squadra esprimono il loro più sentito rammarico per la scomparsa di un grande del calcio di tutti i tempi quale è stato Nils Liedholm".

Dino Zoff
"Va via un pezzo di storia del calcio. Un pezzo del cuore del grande Milan, insieme a Gren e Nordahl, poi una splendida carriera alla Roma da allenatore. È stato sempre un signore con un comportamento esemplare. Sul campo, da allenatore, gli piaceva far giocare bene le squadre".

Arrigo Sacchi: "Ispiratore"
"Abbiamo perso un maestro, una persona che oltre ad essere stato un grande allenatore era una persona di grandissimo livello » è il pensiero di Arrigo Sacchi. «Era un po' di tempo che non lo vedevo - racconta l'ex tecnico di Milan e Nazionale , ne sentiremo la mancanza. Abbiamo perso tutti qualcosa. Io posso dire d'essermi ispirato a lui. E' stato un grande allenatore, un grande calciatore, un grande personaggio e un grande uomo".

Franco Baresi: "Ironia e zona"
"Garbato, autoironico, sempre capace di sdrammatizzare: e poi rivoluzionario, perchè fu lui ad affermare la zona in Italia ». Franco Baresi deve molto a Liedholm. Uomo simbolo del Milan per due decenni, esordì in serie A col Barone allenatore, che lo vide nelle giovanili e lo preferì come titolare al veterano Turone. «E' stato il primo a credere in me - dice Baresi -. Individuò subito le mie caratteristiche, mi fece esordire, mi difese sempre dai più anziani. Con lui ho giocato due anni, nel '78 e nel '79 per lo scudetto della stella, e poi altri tre». Anni rivoluzionari. «Aveva già fatto la difesa a zona a Roma, quando tornò da noi la impose: era il Milan di Baresi, Maldini, e poi Tassotti. Era una novità assoluta, qualcosa di coinvolgente".

Mauro Tassotti: "Era speciale"
Anche il vice allenatore del Milan deve molto a Liedholm: "Grazie a lui sono riuscito a mettere in mostra le mie qualità, con lui ho scoperto il gioco a zona. Il suo ricordo non può che essere quello di una persona speciale, di un maestro di calcio, di un grandissimo allenatore. La sua morte mi addolora".

Adriano Galliani: "Che classe"
"E' un momento molto triste, perché se ne va uno dei capitoli più belli della storia rossonera - dice invece il vicepresidente del Milan -. Sapevamo che non stava bene, ma ci auguravamo che resistesse. Il primo ricordo personale legato a lui è quello della finale Mondiale del '58, Svezia-Brasile: avevo 14 anni, la vidi in tv, Liedholm segnò il primo gol, uscì sull'1-1 e il Brasile dilagò. Il secondo mi porta al '68-'69: lui guidava il Monza, io ero amico dei dirigenti brianzoli, assistemmo a un allenamento, alla fine ci avvicinò e, scuotendo la testa, ci disse: fate pure voi la formazione perché qui nessuno è capace di giocare a pallone. Era un personaggio di grande stile e grande classe, in campo e fuori. Non ci sarà più un altro Liedholm".

Aldo Maldera: "Secondo padre"
"Per me era un secondo padre". Aldo Maldera, l'ex giocatore di Milan e Roma, ricoverato in ospedale con 4 costole rotte per un banale incidente domestico, non smette di piangere. "Gli devo tutto, era un grande".

Giancarlo Antognoni: "Gentleman"
"Mi porterò sempre dentro il suo ricordo. Era un allenatore gentleman che sapeva vivere lo sport nel modo più giusto. Con lui se ne va un pezzo importante del calcio e della mia vita professionale: fu lui a farmi esordire in A e gli sarò sempre riconoscente». Giancarlo Antognoni è stato allenato da Liedholm a Firenze dal '71 al '73, debuttando in serie A appena diciottenne. «Mi dette fiducia fin dall'inizio - continua Antognoni, oggi dirigente federale -. Quel giorno prima di mandarmi in campo mi disse solo una cosa: "Stai tranquillo". Sono stato fortunato perché ammirava i calciatori tecnici, era un allenatore all'avanguardia e sapeva lavorare bene con i giovani, li aiutava anche psicologicamente".

Giancarlo Abete: "Caposcuola"
"Il calcio italiano perde un grande amico, un esempio di eleganza e di stile, in campo e fuori». Il presidente della Figc, Giancarlo Abete, si unisce così al coro. «Un uomo di sport che ha saputo vivere e interpretare il calcio nella maniera giusta: lealtà, valori da difendere, passione e carica agonistica, ma senza rinunciare mai a un filo di ironia. Uno dei primi grandi stranieri ad allargare la frontiera del nostro calcio e come tecnico uno caposcuola".

Claudio Ranieri: "Un Signore"
"Sono molto addolorato per la sua scomparsa - afferma Claudio Ranieri, il tecnico della Juventus -. Mi ha allenato alla Roma: io ho esordito con Scopigno, poi è arrivato lui. Era un signore del calcio, un esempio di sportività ed eleganza. Sono onorato di averlo avuto come maestro".

Inter: "La Storia"
"Il calcio perde un altro personaggio della sua storia». Così il sito dell'Inter ricorda Liedholm, sempre rivale dei nerazzurri. «F.C. Internazionale lo ricorda come avversario leale e uomo di sport ed è vicina alla sua famiglia".

Delio Rossi: "Impariamo da lui"
Delio Rossi ha commentato con dolore l'uscita di scena del suo carismatico collega e decano: "Lo considero un vero antesignano di un certo modo di considerare il calcio, un vero e proprio stile. Quello che ricordo in particolare di lui era la estrema serenità in ogni circostanza e poi la sua capacità di gestire i meriti della propria squadra dando sempre riscontro al perdente. Il calcio attuale ha molto da imparare dal rappresentarsi di Liedholm sempre nel massimo rispetto degli avversari".




ALTRI RICORDI DI LIEDHOLM...

Il Mago di Busto Arsizio
Maggi: «Un fratello maggiore. E quegli amuleti a Conti...»
ROMA - «Liedholm era come un fratello maggiore: per 35 anni siamo stati amici per la pelle» . Mario Maggi, il 'mago di Busto Arsizio' con Nils ha avuto un rapporto strettissimo: «Fu in concomitanza con il decimo scudetto del Milan, nel 1979, lui aveva un'ulcera duodenale che nessun medico riusciva a guarirgli. Venne da me e guarì e da allora siamo diventati grandi amici. E io gli amici non li dimentico, sono andato a trovarlo poco tempo fa. Non camminava più ma voleva farlo a tutti i costi. Liedholm aveva assicurato la sua vigna di Cucccaro per svariati milioni. Gli proposi di fare a metà, e io non ti faccio più grandinare sulla vigna. Piovve sul tutto il Piemonte, tranne che...» . Amuleti e pallone, Maggi ne ha preparati per più di un giocatore: «Bruno Conti ancora oggi porta i miei al collo...»

Il massaggiatore della Roma
Giorgio Rossi: «Una volta fece la formazione con le figurine»
ROMA - I riti e le scaramanzie di Liedholm. Li racconta Giorgio Rossi, 77 anni, storico massaggiatore della Roma: «Arriva Giovannelli al Tre Fontane per fare un provino con la Roma. Gli chiedo di che segno era, mi risponde "Bilancia". E io: è fatta, sei della Roma. Perché secondo Nils i giocatori della bilancia erano i migliori, dei guerrieri. Quindi.... Era una miniera di battute, di ironia, sapeva tenere lo spogliatoio come pochi. Lui dava la formazione prima della partita: diceva: "joga Maldera, joga Di Bartolomei...". Una volta al lunedì mi chieste le foto di tutti i giocatori, avevo capito che doveva spedirle dal mago Maggi: gli trovai i mezzi busti delle figurine. Alla domenica si fa dare un tavolo, sparge le foto e dice: "joga Maldera, joga Di Bartolomei...". La formazione l'aveva fatta Maggi...»




La biografia
LIEDHOLM, LA LUNGA CARRIERA DEL BARONE
Calciatore e allenatore: da San Siro con il Milan fino a Verona, Monza, Varese, Fiorentina e Roma

MILANO - Nils Liedholm (nato a Valdemarsvik, 8 ottobre 1922 e morto il 5 novembre 2007, come già riporta il sito wikipedia da cui è tratta gran parte di questa biografia) è stato un ex calciatore e allenatore di calcio svedese. In Italia era stato soprannominato «Il barone».

Dal 1942 al 1949 disputò sette stagioni nel campionato di calcio svedese, poi si trasferì in Italia nelle fila del Milan dove rimase fino al ritiro agonistico nel 1961, totalizzando 359 presenze e 81 gol. In maglia rossonera fu affiancato dai connazionali Gunnar Gren e Gunnar Nordahl, con cui formò il trio Gre-No-Li. Vinse quattro scudetti e due Coppe Latine. Con la nazionale svedese vinse la medaglia d'oro alle Olimpiadi del 1948, e giunse secondo ai mondiali del 1958 in casa alle spalle del Brasile.

Dopo aver smesso di giocare a 39 anni, il Barone, nel 1963 divenne allenatore. Le squadre da lui allenate furono il Milan, il Verona, il Monza, il Varese, la Fiorentina e la Roma. Da allenatore vinse due volte il campionato italiano di calcio, con il Milan nel 1979 e con la Roma nel 1983. Dopo l'ultima stagione da allenatore nel 1996-1997, passò al giornalismo come commentatore sportivo. Negli ultimi anni Liedholm era proprietario di un'azienda vinicola a Cuccaro Monferrato. Quando decise di venire a giocare in Italia, una leggenda vuole che dicesse al padre «Tranquillo papà, un anno, massimo due e poi torno» . Una curiosità: Nils Liedholm è raffigurato sulla prima copertina dell'album "Calciatori Panini".




IL DREAM TEAM DI NILS LIEDHOLM
L'11 di...quelli lanciati dal 'Barone'

Tancredi, Nela, Baresi, Maldini, Di Bartolomei; Conti, Ancelotti, Falcao, Antognoni; Bettega, Hateley. E ne mancano altri all'appello in quella che è l'ideale formazione di quei giocatori che Nils Liedholm ha scoperto e lanciato nella sua carriera. Senza contare quelli che avevano già esordito e che lui ha fatto diventare titolari inamovibili delle sue squadre. Un genio di tattica e humor che mancherà al calcio italiano.

Il calcio italiano piange uno dei più grandi di sempre. Nils Liedholm, maestro di tattica, inventore della "ragnatela", geniale stratega e anche grandissimo talent scout. Tanti sono i giocatori che sono passati sotto la sua supervisione, qualche abbaglio lo ha anche preso, ma solitamente sbaglia chi è disposto a osare e lui ha sempre rischiato. Ma la sua storia ci racconta che la maggior parte delle volte ha azzeccato, eccome. Molti giocatori li ha presi dai vivai, valorizzandoli, altri li ha resi titolari inamovibili.

E allora eccolo l'ideale "Dream Team" del Barone con una avvertenza: non sono citati dei nomi altisonanti, ma questo 11 è formato da quelli che Liedholm ha realmente scoperto, una squadra che, se potesse giocare adesso, farebbe sicuramente paura a tutti.

Tancredi, Nela, Baresi, Di Bartolomei, Maldini; Conti, Ancelotti, Falcao, Antognoni; Bettega, Hateley

Franco Tancredi giocava nelle giovanili della Roma e Liedholm lo volle titolare facendolo diventare il portiere dei giallorossi Campioni d'Italia 82/83. Conti e Nela erano stati mandati a "farsi le ossa" al genoa e il Barone li ha fatti richiamare trasformando il primo in un campione con la C maiuscola, il secondo in uno dei più grandi difensori in circolazione. Continuando con i romanisti, il compianto Agostino Di Bartolomei, a metà anni settanta, giocava nel Lanerossi Vicenza e venne notato proprio da Liedholm che lo valorizzò fino a farlo diventare il capitano della "sua" Roma, mentre Ancelotti giocava nel Parma prima di diventare un pilastro del centrocampo giallorosso insieme a Falcao fortemente voluto dal Brasile. In epoche diverse, dal cilindro del vivaio milanista, tirò fuori Baresi e Maldini, con i risultati che tutti conosciamo. Hateley probabilmente sarebbe tornato al Portsmouth con l'etichetta dell'oggetto misterioso se non avesse avuto il Barone in panchina. Nel suo passaggio alla Fiorentina, nel '71, scoprì un certo Giancarlo Antognoni, mentre due anni prima, quando era alla guida del Varese, nel suo attacco c'era anche Roberto Bettega. Tutta gente, insomma, che ha scritto la storia del calcio italiano.

Tra gli altri giocatori scoperti da Liedholm ci sono anche Signorini, Dario Bonetti, Morini, Lodetti, Orlandini, Caso. ha allenato gente del calibro di Rivera, Pruzzo, Graziani, Collovati, Maldera e, oltre ad Ancelotti, altri due allenatori che ora sono in serie A: Novellino e Ranieri.

Nils Liedholm: grande stratega, grande talent scout, grande stile, quello inconfondibile del Gentiluomo di Valdemarsvik.




>> il giocatore
Che trio con Nordahl e Gren! Quel Gre-No-Li che ci incantò sembrava plasmato apposta
di Giuseppe Pistilli - gpistilli@tiscali.it

Quando arrivò in Italia, non era più un ragazzino. La guerra aveva tarpato le ali a lui come a tanti altri giovani di quella generazione maledetta. Il nostro calcio, che era sempre stato attratto, anche per vincoli di sangue, dai figli dei figli di chi aveva cercato lavoro e fortuna laggiù, in Argentina, Brasile, Uruguay, scoprì all'improvviso, e forse con un po' di puzza al naso, che anche nei Paesi del Nord Europa stavano crescendo buonissimi, anzi talentuosi, calciatori: l'olandese Wilkes, i danesi Praest, John e Karl Hansen, un terzetto di svedesi che, nel 1948, si era fregiato del titolo olimpico. Nils Liedholm faceva parte di questo trio che sarebbe passato alla storia del calcio italiano come il Gre-No-Li. Gunnar Nordahl era il terzo di una progenie di validi calciatori, tutti destinati a svernare in Italia: uno a Bergamo, l'altro a Roma, con risultati così così. Ma il terzo di cotanta famiglia era lui, il 'pompierone', cosiddetto per avere svolto servizio nei vigili del fuoco. Gunnar era una sorta di bisonte, di stazza media, ma coraggioso fino alla temerarietà. Una palla di cannone. Del terzo dei Nordahl si può perfino dire che abbia non poco contribuito, sia pure involontariamente, alla crescita concettuale del 'catenaccio': per fermarlo non bastava uno stopper, diciamo l'Azzini del Padova di Nereo Rocco, ma neppure un battitore libero alla Blason. Ne sanno qualcosa ( campionato '49-'50) la buonanima di Carletto Parola, costretto a inchinarsi alla sua devastante preponderanza muscolare, e la Juventus, travolta a Torino nientemeno che per 7-1: altri tempi, altri punteggi.
A Milano, i tre svedesi trovano Lajos Czeizler, lo ' zio Lajos', un ungherese che aveva girato il mondo, studiato in Italia e, guarda caso, insegnato calcio a Norrkoeping, dove aveva conosciuto i suoi futuri allievi milanisti. I tre svedesi si completano - sotto il profilo tecnico - atletico - come se una magica mano li avesse a bella posta plasmati prima di catapultarli in Italia, mondo ignoto, a quei tempi, per uno scandinavo. Erano bravi dilettanti che avrebbero dovuto confrontarsi con un professionismo pressappochistico, presidiato da qualche mecenate che, a ogni vittoria della propria squadra, dispensava sterline d'oro e premi-partita che in quell'Italia di affamati sembravano principeschi.
Nils è stato un magnifico giocatore e, poi, un astuto allenatore, capace di trasformarsi da tenace difensivista (vedi la parentesi veronese) in sacerdote del bel calcio. In realtà, gli facevano gola soltanto i risultati, punto e basta. Da calciatore non è stato un fuoriclasse, ma un ottimo cursore, dal fisico di mezzofondista (sontuosa la sua falcata) e dai piedi potenti e precisi. Del famoso trio, lui era il gregario, Gren il 'professore' dagli alluci fatati, Nordahl l'ariete. Quante volte ha raccontato ai cronisti di primo pelo che ci fu un giorno in cui San Siro, estasiato, lo applaudì perché aveva sbagliato un passaggio. Uno sgorbio senza precedenti, secondo lui. Gli è sempre piaciuto stupire. E, a chi lo ascoltava, bearsi dei suoi racconti.
Chi lo ha visto giocare, e il sottoscritto è fra questi, lo ricorda come un maestoso levriere: un centrocampista come lui oggi non avrebbe eguali.




>> il personaggio
L'Italia, il calcio, il vino: ecco Liddas, campione senza essere mai divo
di Antonio Maglie

Salutando gli disse: «Tranquillo, papà, un anno, al massimo due e poi torno». Era il 1949. Non è tornato più perché come spesso ha detto «amo visceralmente l'Italia come solo uno straniero sa fare». Valdemarsvik è rimasto un luogo lontano: tremilacinquecento anime e una casa sul confine dei ricordi. Nils Liedholm era così, più italiano di tanti italiani; migliore di tanti italiani che a volte si vergognano di esserlo, avendone, peraltro, ben donde. Forse perché era riuscito a mettere insieme i nostri pregi e quelli svedesi alla fine attutendo i difetti contratti nelle due sponde geografiche e umane. Furbo ma non sguaiato, intelligente ma non supponente, sereno ma mai rassegnato; alimentava il suo mito personale («A San Siro il più grande applauso l'ho ricevuto quando ho sbagliato un passaggio: non mi capitava da anni») con ironia smagata e un sorriso che lasciava intendere all'interlocutore la lievità del suo vivere. Quando a ottant'anni gli chiesero come ci si arriva a quell'età, rispose semplicemente: «Arrancando».
Eroe di un calcio diverso, di un mondo diverso dove prevaleva il rispetto e quel che combinavi in campo, dove il gioco veniva prima del business, un mondo abitato di uomini e calciatori o di calciatori-uomini e il divismo trionfava solo nel cinema. Era personaggio senza esserlo: per quel che faceva o per quel che diceva, non per come si atteggiava. Anzi, era il divo della porta accanto, toccabile, contattabile, Grande e Possibile. Forse perché aveva manìe umane e passioni condivise. Come quella per il vino. «Da piccolo volevo fare il contadino», ha raccontato. In qualche maniera quello strano sogno lo ha coronato nella Cascina Boemia, a Cuccaro Monferrato. Produttore di vino, con il figlio Carlo: Barbera e Grignolino, bottiglie spedite in grande quantità nel Nord dell'Europa.
E le manìe. Come la superstizione con il mago (e guaritore) che gli annunciava in anticipo il risultato della partita, che gli donava amuleti che lui custodiva nelle tasche dei suoi cappotti. Come gli si fosse attaccato sulla pelle quel soprannome, «Barone», non lo sapeva nemmeno lui. «A Milano all'inizio mi chiamavano il conte ». La leggenda narra che se lo sarebbe guadagnato con l'eleganza che era un tratto della sua personalità, un suo modo di essere, in campo e fuori, non una sovrastruttura, non una maschera costruita con pazienza e accortezza. Uno straordinario affabulatore capace con il suo italiano dalle inflessioni scandinave e dall'andamento lento di incantare e appassionare chi lo stava ad ascoltare: «Spendevo due corone per andare in treno a Norrkoeping coi panini in tasca per vedermi i dribbling di Wetterstrom e la notte dopo non dormivo perché non vedevo l'ora di provare le sue finte» ; «da calciatore ero in grado di occupare qualsiasi ruolo, dalla difesa all'attacco»; «un giorno a San Siro tirai fortissimo, la palla colpì la traversa e tornò nella nostra area».
Era un personaggio cinematografico ma alla fine sfilò solo in un film: quello di Lino Banfi, «L'allenatore nel pallone». Aveva le sue idee e amava anche comunicarle. Sul sesso, ad esempio. Aveva definito dei tempi limite oltre i quali bisognava astenersi: dodici, ventiquattro e quarantotto ore prima della partita; nessun limite per i portieri; limiti invalicabili, invece, per i centrocampisti. Quando nel '99 in Svezia il quotidiano Aftonbladet lanciò un referendum per eleggere il calciatore più grande di tutti i tempi, la nazione non ebbe dubbi: «Liedholm». Gli fecero un francobollo e lui ringraziò: «Sono andato via nel '49, è bello sapere che non mi avete dimenticato». Non ti dimenticheremo. Nemmeno ora.




>> l'allenatore
Un tecnico rivoluzionario: dal modulo con una punta alla zona sudamericana
di Luigi Ferrajolo

Liedholm calciatore me lo sono perso, purtroppo. Salvo qualche ricordo sbiadito e immagini confuse, sparse qua e là. Ma il Liedholm allenatore l'ho conosciuto benissimo e non mi stancherò mai di essergli grato. Intere generazioni di giornalisti sono cresciute rubandogli idee, emozioni, lezioni di calcio e di vita.
Un allenatore così non l'ho più trovato. Geniale nel costruire le sue squadre e nell'insegnare calcio, adorabile come uomo, quasi appartenesse ad un'altra civiltà. Nei frastuoni e nelle volgarità del pallone si difendeva con la sottile ma perfida arma dell'ironia. Con una battuta sapeva placare le piazze o le critiche degli incauti soloni. Quando Anzalone lo chiamò a Roma negli anni Settanta, costruì una squadra in controtendenza. Tutte giocavano col doppio centravanti, a lui bastò Pierino Prati. Quella Roma aveva due esterni difensivi giovani e coraggiosi come Peccenini e Rocca e a centrocampo il doppio regista. De Sisti stava davanti alla difesa per ricucire il gioco, Cordova più avanti per impreziosirlo e renderlo imprevedibile, virtuoso. A quella Roma bastavano le parate di Paolo Conti e un gol di Pierino Prati, raggiunse il terzo posto subendo pochissime reti e vincendo spesso 1-0.
Quando il Milan lo chiamò, Liedholm ripropose più o meno quel modulo, con Chiodi unica punta e una folla di centrocampisti pronti ad inserirsi. Riuscì a centrare lo scudetto della stella. Viola capì che solo lui avrebbe potuto portare lo scudetto a Roma. Furono trattative serrate, difficili, perché Liedholm era molto esoso e doveva avviare la sua azienda vinicola, mentre Viola cercava di risparmiare anche sulla bolletta della luce. Ma entrambi volevano costruire, e ci riuscirono, una grande squadra. Quella Roma giocò finalmente a zona, si propose come l'alternativa inedita al modello italiano che aveva nella grande Juve di Trapattoni il punto più alto. Al calcio veloce, aggressivo, dinamico del Trap, lui rispose con una zona alla sudamericana, non all'olandese. Quella Roma puntava sul possesso palla, su ritmi bassi, faceva melina e alla fine imponeva il suo tasso tecnico. Anche in quella occasione Liedholm ebbe un'idea geniale: l'arrivo di Falcao spodestò Di Bartolomei, che per anni era stato il regista. Falcao diventò il perno attorno al quale girava la Roma: il brasiliano giocava a tutto campo e si offriva al compagno in possesso di palla. Era un modo per far giocare la squadra con tranquillità e personalità. Di Bartolomei invece, con grande sorpresa, fu trasformato in centrale difensivo, ma con accanto Vierchowod. La velocità nei recuperi e nelle chiusure del russo, permetteva ad Agostino di giocare sui suoi ritmi, non proprio altissimi, ma anche di interpretare quel ruolo in un modo speciale: con il suo calcio forte e preciso faceva viaggiare il pallone a velocità supersonica e di fatto diventò il regista arretrato della squadra. Quella Roma aveva due terzini capaci di attaccare, come Nela e Maldera, un centrocampo in cui si mescolavano la genialità di Bruno Conti, l'intuito tattico e la forza atletica di Ancelotti, il dinamismo e il gran lavoro di Prohaska. Una squadra che ruotava attorno a Falcao ma che aveva in Pruzzo l'esecutore spietato. La Roma vinse lo scudetto contrapponendo alla Juve e ai seguaci del Trap, un calcio diverso, per alcuni aspetti, mai visto. In quella squadra, che poi sfiorò la Coppa Campioni, Liedholm realizzò finalmente le sue idee, le sue aspirazioni, il suo calcio bello ed elegante. Anticipò intere generazioni e dopo di lui è stato necessario aspettare Arrigo Sacchi per trovare un altro tecnico fuori dal coro, capace di aprire nuovi orizzonti e di lasciare tracce indelebili. Che grande, il Barone. Indimenticabile come tecnico e come uomo.




LA CAPITALE VUOLE INTITOLARGLI UNA STRADA
«Roma l'ha fatta diventare "Maggica" lui»
Gli inni di Venditti, la promessa a Banfi-Canà, i palleggi di Conti, i cross di Nela

di Alvaro Moretti

ROMA. L'ha fatta Magica lui, la Roma, dopo 41 anni dai furori di Testaccio. Era lui, così freddo e ironico, il mandante della passione che accese la Torcida giallorossa della Curva Sud: passione con l'esempio del disincanto, insegnò ironia a Roma, Nils Liedholm, il Barone. Lui a ispirare con le due epopee di bel gioco e sangue caldo nelle vene (il campionato del terzo posto 1974-75 e della "ragnatela", il ciclo dello scudetto dell'83 con la zona e Di Bartolomei difensore, Falcao e Bruno Conti il " Marazico") Antonello Venditti che per la Roma di Liddas scrisse i suoi inni "Roma, Roma, Roma" e "Grazie Roma": canzoni da stadio, ancora oggi inconfondibili e presenti, allora pezzi da hit parade.
Nils Liedholm è passato su questa città, Roma che ne ha viste di tutti i colori, e ne ha trasformato alcuni simboli in modo perenne: per questo ieri le radio hanno interrotto le loro trasmissioni, raccontato per ore aneddoti, riportato indietro l'orologio del tempo. Perciò Veltroni promette un ricordo tangibile (gli sarà dedicata una via?) della città che ha amato «l'allenatore gentiluomo». Ricorda Lino Banfi, Oronzo Canà, che per sfidarlo al cinema nell'Allenatore nel Pallone inventò la «bizona» e il 5-5-5: «Liedholm mi chiese se io conoscevo l'allenatore Oronzo Pugliese, noto all'epoca per un carattere irascibile, stravagante ed originale, perché gli sembrava che io nei miei film lo imitassi. A quel punto mi venne veramente l'idea di farne un personaggio per un film. Lui mi promise di recitare nel film e mantenne quella promessa».
Ha girato il mondo del calcio e l'Italia, il Barone, ma in nessuna delle città è stato uomosimbolo, senza cercare di esserlo, come qui nella Capitale. Ha portato la Roma a toccare il vertice a livello europeo, sfiorando il massimo: la vittoria della Coppa Campioni giocata all'Olimpico. Era partito, però, da Anzalone, da una Rometta, risollevata partendo dall'impianto olimpico di Tre Fontane, all'Eur: con la gente che sul viadotto della Magliana fermava il traffico per vedere De Sisti dialogare con Pierino Prati.
Ancora a Roma nel 1979 perché Viola intuì che l'aplomb e la scienza dello svedese erano le fondamenta della pazza idea di una Roma da scudetto. «Va a ritrovare il suo presidente», diceva ieri Riccardo Viola. Dodici anni da allenatore della Magggica ( perché ai romani piace chiamarla così, con almeno tre "g") col bello e il brutto del calcio, anche gli interventi disperati come quello con Sensi assieme a Sella, dopo i disastri di Carlitos Bianchi. «Con lui sono stato giocatore e assistente - dice Angelo Benedicto Sormani -: Milan, Fiorentina, poi Roma. La sua rivoluzione fu la tecnica individuale, però, il lavoro sui fondamentali e certi esercizi che mettevano curiosità: diceva a Bruno Conti, campione del mondo, fai 57 palleggi di sinistro, poi 43 di destro. Li incuriosiva in ogni modo. E Bruno si domandava il perché di quel numero, pensavamo fossero magici, quei numeri, scaramantico com'era. E la sua zona era brasiliana, non olandese, non c'era pressing ma possesso palla. L'aveva imparato ai suoi danni nella finale del Mondiale del 1958. In quegli anni non era facile spiegare ai difensori come difendere senza seguire l'uomo e lui diceva: aspetta che qualcuno verrà a farsi marcare da te. La scaramanzia? Detestava i fiori: a Napoli Moggi e Perinetti che lo conoscevano gliene fecero trovare un mazzo enorme sul suo posto in panchina al San Paolo, io che in campo lo seguivo deferente a dieci metri dovetti sorpassarlo, togliere quei fiori e lanciarli verso la gente. Tutti a pensare, che gentili e invece...»
Totti e Rosella Sensi centrano il punto: «Di quella grande squadra che ci ha reso orgogliosi di essere romanisti ora abbiamo perso, dopo il presidente Viola e il capitano Di Bartolomei, anche l'allenatore». «Una traccia profonda ancora presente, la voglia di distinguersi con la zona, lo spettacolo nel paese del catenaccio e del calcio speculativo: una ricerca che ancora continua a Trigoria. Anche per questo l'ho voluto al mio fianco in società anni fa», dice Franco Sensi. «Mister - ricorda De Sisti, nei Settanta suo erede in campo da regista -, su 100 cose che dice, tra battute, scherzi, cose che già so, 98 non mi servono. Ma quelle 2 che restano, quelle sì, quelle le metto da parte per tutta la vita».
Poi ci sono "i figli" dell'83. Pruzzo è affettuoso: «Sapeva risolvere i problemi - prosegue - aveva la capacità di stemperare la tensione in ogni circostanza. Speravamo potesse riprendersi, questi ultimi anni però sono stati molto duri per lui, non sopportava la carozzella». «Se sono diventato Nela lo devo a lui, totalmente», dice il difensore che ricorda i pomeriggi passati davanti al muro e le migliaia di cross al centro. «Quando me ne andai da Roma - dice Falcao - gli regalai la mia maglia numero 5 con questa dedica: "La do a lei perché è lei che mi ha fatto diventare quello che sono". Gli devo vita calcistica ».




Lo avevamo incontrato il mese scorso per il suo 85° compleanno
Liedholm, il canto del calcio
Signore sul campo e nella vita, non fallì una partita e molte furono capolavori.
Uno dei più grandi giocatori di sempre, era una mezzala-mediano con un tiro formidabile. Un uomo logico, sereno e quasi disperatamente onesto: si arrabbiava se un vigile, dopo averlo riconosciuto, non gli faceva la multa. Sarà sepolto a Torino, accanto alla moglie

di Gian Paolo Ormezzano

NILS Liedholm detto Nisse o Liddas, a seconda se gli amici sceglievano il nome o il cognome per sintonizzarsi con la sua cordialità, il suo sorriso, la sua gentilezza assoluta e però sempre più amichevole che forbita, è stato un grande calciatore ed un grande uomo, e chi scrive maledice il privilegio tanto giornalistico e poco umano di essere stato l'ultimo a testimoniare di lui, del suo autunno da patriarca, quando per descriverlo o comunque scriverlo su queste colonne, è andato a trovarlo il 9 ottobre scorso a Cuccaro nel Monferrato, il giorno dopo il suo ottantacinquesimo compleanno, in quella Villa Boemia, palazzotto e podere, dove lui si era ritirato quando con la moglie, la contessa torinese Maria Lucia Gabotto di San Giovanni una donna assai bella, con le efelidi delle ragazze scandinave che, incoronate di fiori, portano in giro i ceri per il Natale di lassù -, ne aveva avuto abbastanza del calcio, di Milano e di Roma le due principali città della sua vita sportiva che si capisce ne aveva anche toccate altre, e da svedese praticamente astemio si era messo a produrre il nobile gentile vino grignolino, in un'azienda agricola ora mandata avanti dal figlio Carlo.
Dopo l'incontro avevamo telefonato a Carlo e ci eravamo trovati d'accordo sul fatto che il padre non avesse compreso sino il fondo il perché della visita, ma che comunque avesse intuito il rispetto, la devozione, la voglia di augurargli altri anni oltre agli ottantacinque che aveva appena archiviati. Possediamo, da adesso gelosamente, due sue foto a fianco di lui che sorride consapevole del proprio essere un uomo importante, un personaggio enorme e sapiente di quella stupida grossa cosa chiamata calcio.
Nisse era dolcemente stanco, dalla sedia a rotelle non aveva cercato di alzarsi, aveva ricevuto sforzandosi di parteciparlo l'abbraccio del giornalista amico . Devo, voglio passare alla prima persona singolare. Gli avevo chiesto, parlando lentamente: «Nisse, vuoi che ti ricordi qualcosa, vuoi fare un giro nel calcio con me?». Aveva detto, sforzandosi di sorridermi un sì, che era un no, lo avevo lasciato tranquillo.
Carlo la settimana scorsa era andato in Svezia, a commerciare il vino dopo la stupenda vendemmia del grignolino, preoccupato perché papà declinava. La moglie era morta tre anni fa, da allora Nisse era precipitato nell'esplicito mal di cuore e nell'occultato mal di testa, di pensieri. C'erano stati interventi di alta chirurgia cardiaca, c'era stato uno svenimento a Pasqua in chiesa, ultimamente era subentrata l'attesa dolente e serena che si spegnesse la luce che per ben più di mezzo secolo (Nisse aveva vinto per la Svezia le Olimpiadi del 1948, l'anno dopo era venuto in Italia, al Milan del Gre-No-Li, Gren e Nordahl e lui) aveva immillato tanto calcio, tanta vita. Una telefonata di allarme grande aveva raggiunto Carlo giovedì scorso, e lui aveva preso il primo aereo per tornare. I medici avevano subito detto che non era neanche il caso di portare il papà all'ospedale. Meglio lasciarlo spegnere in pace a casa sua, con accanto il figlio, la nuora, i due nipoti. Una trombosi cerebrale e altre grandi pazzie del cuore stanco. Carlo è sereno: «Si è spento senza soffrire ».
I funerali giovedì alle 11 a Cuccaro, dopo la funzione - lui era protestante - la salma verrà sepolta a Torino, dove riposa Maria Lucia. Torino è la città prima e ultima della contessa e adesso lo diventa del barone, come Nils era chiamato per la signorilità del suo portamento e del suo comportamento: lui stava per arrivare sulla panchina della Juventus, ma Boniperti presidente si era come spaventato dalle richieste non di denaro, ma di alloggiamento e autorità e poteri quasi regali. Vogliamo pensare che a Cuccaro farà pellegrinaggio mezzo calcio italiano. Temiamo che qualcuno scoprirà per pigrizia o per timore di accostamenti al personaggio tropo grandi di avere molto da fare, e non sarà a Villa Boemia.
Liedholm è stato uno dei più grandi calciatori da che football è football, ed è stato un assoluto perfetto signore, del campo come della panchina come della vita. Averlo visto giocare diventa un patrimonio degli occhi, averlo conosciuto del cuore e del cervello. Chissà come verrebbe iscritto a ruolo adesso, con la nuova terminologia per i vari compiti in squadra. Per noi antichi una mezzala-mediano, in possesso fra l'altro di un tiro formidabile. Non ha mai sbagliato una partita, di molte ha fatto dei capolavori. Ha insegnato ai virgulti come si cresce, ai campioni come si mantiene la chioma della bravura. E' stato sempre un uomo profondamente logico, profondamente sereno, quasi disperatamente onesto. Una volta ci confessò semisdegnato che si arrabbiava come un matto se un vigile che stava per multarlo, dopo qualche sua (rarissima) infrazione al volante, lo riconosceva e gli diceva di andare, avrebbe chiuso un occhio. Scandiva bene l'italiano, che ormai - stiamo parlando della metà degli anni ottanta - per lui aveva sostituito lo svedese, come sbattuto fuori dal suo eloquio (oh la volta che gli chiedemmo di scrivere una lettera in lingua madre a un connazionale suo, da noi incontrato negli Usa e memore di avere giocato con lui il calcio dei ragazzi su qualche campetto scandinavo, e lui aveva eseguito penando gentilmente, generosamente e terribilmente alla ricerca di una lingua perduta). Quel 9 ottobre, lasciati Liedholm e i suoi subito dopo avere pranzato insieme, ci erano venute in mente tante domande che avremmo voluto fargli, su tutte quella relativa al fatto che un positivista estremo come lui per tanti anni avesse fatto ricorso agli oroscopi di un astrologo-maghetto di Busto Arsizio, e sempre avesse dichiarato che, a parità di valore fra due calciatori, lui avrebbe scelto quello nato sotto il segno dello Scorpione. Glielo avremmo chiesto per sentire da lui le risposte speciali con cui amava divertirsi: dire che il maghetto era anche un grande cuoco di pesce, ideale per nutrire la vigilia delle partite delle squadre che allenava, e quanto al quesito dello Scorpione prediletto rispondere con una domanda: «E perché no».
In svedese Liedholm vuol dire canto dell'isola. L'isola era lui, bello e fermo nel mare magno del calcio e della vita, capace di farsi scorrere addosso tutti i venti senza prendere nemmeno un raffreddore dall'attualità. Il canto se lo doveva proprio sentire dentro, e quando l'altro giorno a Cuccaro muoveva le labbra probabilmente si stava recitando, con tutti le sonorità giuste, la sua gran bella vicenda.






LE SUE FRASI CELEBRI


«Il possesso di palla è fondamentale: se tieni il pallone per 90 minuti, sei sicuro che l'avversario non segnerà mai un gol»
«Gli schemi sono belli in allenamento: senza avversari riescono tutti»
«Si gioca meglio in dieci contro undici»
«Jancarlo, ricordati: meglio un cavallo zoppo che un asino sano...»



Giocatori ribattezzati con la sua ironia, per proteggerli negli esordi o per stupire quando venivano criticati:
«Mandressi è il Rensenbrink giovane»
«Antonelli è il nuovo Cruijff»
«Baldieri mi ricorda Paolo Rossi»
«Galderisi si lamenta perchè non gioca? Ma lui non deve preoccuparsi, lo considero un fuoriclasse, ma a volte anche i migliori devono sedere in panchina. Guardate Nuciari (la riserva di Giovanni Galli n.d.r.): da quattro anni è il miglior portiere italiano, eppure non gioca mai!»






24 dicembre 2009, Magliarossonera.it rende omaggio a Nils Liedholm
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