Branko KUBALA

< GIOCATORI
  Ritorna all'Home Page



(Archivio Magliarossonera.it)
  Branko KUBALA

Nato il 10.01.1948 a Sahy (CZE)

Attaccante (A), m ....., kg .....

Stagioni al Milan: ..., dal ..... al 1963-64, partite amichevoli ?

Esordio nel Milan in gare amichevoli: .....

Ultima partita amichevole giocata con il Milan
: .....

Totale presenze in gare amichevoli: ...

Reti segnate: ...




Ha giocato anche con l'Espanyol (1964-65), il C.E Sabadell (1965-66), il Toronto Falcons (1967-68), il St Louis Stars (1968), il Dallas Tornado (1968), l'Uniao Sportiva Saint-Andres (1971), l'Atletico Malagueno (1972-73).





(Archivio Magliarossonera.it)
Cliccare sull'immagine per ingrandire e leggere

Prima di Milan vs Roma del 22 dicembre 1963
(da "MilanInter")



Cliccare sull'immagine per ingrandire e leggere

Il figlio di Kubala alla scuola del Milan
(dal "Corriere della Sera" del 20 novembre 1963)
Cliccare sull'immagine per ingrandire e leggere

(a cura di Beniamino Fiore)



Cliccare sull'immagine per ingrandire

Branko Kubala tra i Pulcini del Milan, 1963-64
(da "Forza Milan!")
Cliccare sull'immagine per ingrandire e leggere

19 gennaio 1965: Branco Kubala, figlio di 16 anni di Ladislav Kubala, sta addestrando la squadra juniores dell'Arsenal ad Highbury





Ladislav "Laslo" Kubala, padre di Branco, fu una colonna del Barcellona ai tempi di Suarez



Dal web

LASLO KUBALA EROE DI TRE NAZIONALI, COLONNA DEL BARCELLONA CON SUAREZ
L'immagine è chiara... ma indubbiamente c'è un errore. Ferenc Puskas e Alfredo Di Stefano in maglia... blaugrana!? Come mai?
Fu per una partita sola, una partita speciale giocata nei colori... "nemici" per questi fuoriclasse in omaggio ad un giocatore straordinario. Il 30 agosto 1961, i "forofos" (tifosi) del Barcellona si radunavano per un evento speciale. L'addio di Ladislao Kubala, il biondo fantasista che aveva illuminato i colori blaugrana per un decennio esatto. Un vero zingaro del pallone, nato a Budapest il dieci giugno del 1961.
Gli inizi sono ungheresi: fa il raccatapalle nel Ferencvaros. Nonostante l'interessamento di suo padre perché calciasse nel prestigioso club, lui comincia a nemmeno dodici anni ingaggiato dal Ganz, squadretta di terza divisione dipendente di un'azienda metallurgica. Fa tutto subito: segna due gol nel suo debutto, e resta fino al 1944 quando passa finalmente al Ferencvaros.
A metá degli anni Quaranta, avendo cittadinanza ceca per via materna, arriva a giocare al Bratislava e cambió maglia diventando per 10 volte giocatore della loro Nazionale (aveva debuttato per Ungheria nel Prater appena conclusa la Seconda Guerra) Nel 1947, ritorna in patria, stavolta al Vasas Budapest, giocando le ultime 14 gare e regalando il titolo alla squadra capitolina. Gioca di nuovo in Nazionale e tutto sembra avviato per un suo solido ritorno in patria.
Ma é qui che la avventura ricomincia. Scontento col regime ungherese dell'epoca, "Laszlo" esce segretamente del paese, e arriva in Italia, dove gioca con la Pro Patria e poi forma l'Hungaria, squadra che raduna gli ungheresi nell'esilio. Arriva con questa squadra in Spagna e Real come Barca restano incantati di lui. Ha soli 23 anni e talento da vendere: é capace di palleggiare seduto per terra, gambe all'aria, senza perdere il controllo del pallone.
La lotta per i suoi servizi la spunta la squadra condale: gioca in coppa e diventa un fenomeno assai grande che il presidente dei blaugrana comincia a costruire un nuovo stadio piú adatto alle multitudini che vogliono vedere Kubala. Fu cosí che nacque il Camp Nou. Nel 51 arriva la stagione "delle 5 coppe": vincono lo scudetto, la Coppa, la coppa Latina (antica coppa dei campioni), la Coppa Duward ed il trofeo Martini Rossi, nel 52 vincono Liga e Coppa. Sull'onda della Kubala-mania, il giocatore debutta in Nazionale (spagnola) il 5 luglio 1953 contro l'Argentina. Giocherá altre 8, unico al mondo ad indossare tre maglie di tre Nazionali diverse. Purtroppo, non giocó mai una partita ai Mondiali.
Undici anni al Barca, dove vince quattro volte la Liga, cinque coppe spagnole, due Coppe di Ferie (coppa UEFA di oggi), giocó 329 partite e s'iscrisse con 272 gol, con un rapporto di 0,82 gol/partita. Il talento, purtroppo, non solo gli diede fama e fortuna, ma gli procuró ben tredici infortuni tra il 1951 e il 1960. Poi, il canto del cigno: lasció il Barca dopo la sconfitta di Coppa Europea contro il Benfica nel 1961, andó all'Español - il rivale cittadino del Barca - al Zurich svizzero e chiuse ai Toronto Falcons del Canada.
Ironie del destino. Questo grandissimo campione volle fare un campione di suo figlio Branco: prima gli insegnó a calciare, poi lo invió alle giovanili del Milan, all'Arsenal. Il ragazzo fu selezionato giovanile per Spagna, allora papá Kubala lo iscrisse nella squadra amatoriale dipendente del Real Madrid. Sforzo inutile, visto che Kubala junior semplicemente non aveva la stoffa del campione, e non andó piú in lá.
Fece il corso per allenatori quando ancora era giocatore, laureatosi con onori. Quando chiuse la carriera girovagó per squadre spagnole, iniziando al Murcia, salvando dalla B poi ando all'Canada e poi al modesto Cordoba: nel luglio 1967, quattordici anni dopo il suo esordio in Nazionale spagnola, assunse la carica di selezionatore spagnolo, qualificando le Furie Rosse per i Mondiali argentini e lasciando solo dopo l'Europeo di Italia 1980.
Immortalato anche nei canti del trovatore catalano Joan Manuel Serrat, Kubala resterá un simbolo folgorante del Barca, ancora piú di Kocsis, di Suárez, di qualsiasi altro giocatore a suo fianco. Tanto, che appena diventa pubblica la sua scomparsa, Joan Gaspart, presidente del club catalano, interruppe la conferenza stampa che segna il ritorno di Louis Van Gaal alla panchina blaugrana. "Kubala era parte della storia del Barca. Sono sicuro che Van Gaal mi scuserá se chiedo un minuto di riflessione." Un gesto meritato per un giocatore della sua statura ed importanza.
Negli ultimi anni lui forse non si ricordava di molte delle sue geste: soffriva del morbo di Alzheimer. Ma la cittá di Barcellona non se lo dimenticó mai, quel biondino che arrivó a giocare un bel giorno del 1951 e che, in fondo, pure quando andó via, chiamato del suo sangue zingaro, non se ne andó mai dei loro cuori.