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Dal sito www.corriere.it
20 maggio 2003 - di Giancarlo Falletti

L' ANNIVERSARIO - IL 20 MAGGIO '73 A MONZA IL TRAGICO INCIDENTE IN CUI PERSERO LA VITA SAARINEN E PASOLINI, CAMPIONI D'UN MOTOCICLISMO ALL'ANTICA
«Ecco come morirono Jarno e Renzo in quella curva» - L' ex meccanico del finlandese cerca di ricostruire i minuti fatali «A quei tempi c' erano pochi soldi, i piloti e le corse erano molto diversi»
«Alle 15.05 di domenica 20 maggio '73 decisi di chiudere con le corse. Era appena morto Jarno Saarinen e giurai a me stesso che non avrei mai più rimesso piede in un circuito. Tutto era finito, tutto si era compiuto ed era finito nel modo peggiore. Con una doppia tragedia. Soltanto la Yamaha mi convinse a lavorare in pista fino alla fine della stagione con Tepi Lansivuori, che di Jarno era l'amico-pilota di Jarno. Ma niente fu più come prima». Il racconto è di Ferry Browuer, olandese, 54 anni. Nel '73 era il meccanico di Jarno Saarinen, il pilota finlandese, morto sulla pista di Monza, in una domenica di trent'anni fa, insieme con Renzo Pasolini.
Era appena partita la gara della 250 del Gran Premio delle Nazioni, la prova italiana del motomondiale di velocità.
Cosa ricorda di quel giorno? «Trent'anni fa io ho perso un grande amico e il motociclismo uno dei più grandi piloti della storia. Jarno era un professionista esemplare e un uomo che viveva con il culto della velocità».
Quando e dove vi eravate conosciuti? «In Inghilterra, a Brands Hatch nel ' 69. Io avevo lavorato con le Yamaha private di Phil Read e Bill Ivy. Era inevitabile entrare in collisione con Read: a metà stagione, in Belgio, a Francorchamps, litigammo e fu divorzio. Lavorare con Ivy era veramente un piacere. A quell' epoca Jarno faceva tutto da solo: correva e si aggiustava la moto. Gli era a fianco soltanto la moglie, Soili, con cui viveva in roulotte. Non avevano figli. Erano una coppia felice, che viveva per le corse. Jarno era meticolosissimo e non lasciava nulla al caso. Era ingegnere e ci metteva una grande passione nel preparare la moto. Ci scambiavamo spesso consigli. Diventammo amici e quando la Yamaha lo ingaggiò come pilota ufficiale Jarno mi volle al suo fianco. Divenne pilota di un costruttore impegnato nella 250 e nella 500, con un meccanico ed un ingegnere giapponesi per ogni moto. Un lusso rispetto al passato. Jarno non era soltanto un pilota ed i suoi appunti per la messa a punto erano fondamentali. Diventai responsabile della 500, 4 cilindri a 2 tempi».
L' incidente, in cui persero la vita Pasolini e Saarinen, ha dato vita ad anni di polemiche. Si parlò di olio sull' asfalto della Curva Grande di Monza oppure del grippaggio di alcune moto.
Lei che cosa ne sa? «All'epoca si parlò molto dell' ipotesi di olio lasciato sulla pista nella gara precedente dalla Benelli di Walter Villa. Io lo escludo perché sarebbe stato logico vedere subito qualche caduta. Quando arrivai sul luogo dell' incidente, non notai macchie o strisce d'olio che i commissari avrebbero dovuto segnalare e ripulire in precedenza. In realtà all' origine di quell' incidente c'era il grippaggio della Harley Davidson di Renzo Pasolini, un pilota che si era costruito da solo, veloce, simpatico, con il quale era possibile avere un buon rapporto. Una settimana dopo quell'incidente, tornai a Monza e smontai il motore della Yamaha di Jarno: non trovai nessun grippaggio».
Che cosa fece dopo l' incidente? «La Yamaha mi chiese di continuare con Lansivuori, fino alla fine della stagione, poi lasciai le corse, per progettare prima un tre cilindri 500 e poi un 350, che vinse come Yamaha il titolo mondiale con Katayama. Infine mister Arai, che avevo conosciuto tramite Jarno, mi disse di diventare l'importatore per l'Europa dei suoi caschi. Ora vendo i caschi Arai in 14 Paesi. Nel 2002, ne ho venduti oltre 200 mila pezzi dalla base di Hoevelaken, periferia di Amsterdam».
Qual è la differenza maggiore fra le corse di trent'anni fa e quelle di oggi? «E' cambiato tutto. Se guardo al passato, penso a grandissimi campioni come Mike Hailwood. Mike partecipava anche a quattro gare in un giorno: 125, 250,. 350 e 500 con moto a 2 e 4 tempi. Saliva sulla moto ed andava a «manetta», vincendo spesso e su tutte le piste del mondo, Tourist Trophy compreso. Quando la corsa finiva, faceva festa assieme ai meccanici e agli amici».
Quale è il miglior pilota nel motomondiale? «E' evidente che non ho più la confidenza o il rapporto di un tempo con questo mondo. Ho sicuramente molta stima per un talento naturale come quello di Valentino Rossi. Mi pare che abbia tutte le caratteristiche di un grande come Hailwood, perché ha guidato e si è imposto in tutte le cilindrate, grazie ad un talento naturale. Lo stesso che aveva Jarno. Sono grandi campioni, ai quali tutto viene naturale, capaci di ottenere tempo, con grande facilità. E hanno carisma. Figure che pesano. Quando Jarno, che era abbastanza un taciturno, parlava, tutti erano pronti ad ascoltarlo per cercare di strappargli qualche segreto delle sue grandi prestazioni in pista».




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Due immagini di Renzo Pasolini, una singola e l'altra con Giacomo Agostini,
che perse la vita nel gran premio di Monza il 20 maggio 1973, giorno di Verona vs Milan 5-3



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(da "Intrepido")
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